Qualche anno fa, un mio cliente, stanco delle continue assenze di un suo dipendente, si mise ad indagare per riscontrare se le assenze fossero realmente causate da malattia oppure no.

Ebbe la costanza di appostarsi, per diversi giorni, nei paraggi dell’abitazione del lavoratore e, nell’ultima occasione, lo scoprì scaricare, dal proprio automezzo, attrezzi di lavoro. L’abbigliamento indossato dallo stesso non lasciò ampio margine per tentare una giustificazione.

In un’altra occasione, un datore di lavoro, stanco dei ripetuti certificati medici pervenuti in azienda, venuto a conoscenza della sfegatata passione per la locale squadra di calcioda parte “dell’ indagato“, ebbe modo di esultare al suo fianco al grido di chi non salta…. Chiaramente la sciatalgia fu sconfitta ed il lavoratore costretto a dimettersi.

Oggi è tutto differente: la visita fiscale ed i controlli medici sono sempre più agguerriti per confermare o meno lediagnosi ed il riposo richiesto dal medico curante.

Tornando ai possibili comportamenti di un datore di lavoro, si racconta il caso di un licenziamento perché, a seguito di un controllo effettuato dall’azienda, tramite un’agenzia investigativa, era stato appurato che il lavoratore, durante le assenze documentate per permessi previsti dalla legge 104/92, svolgeva attività lavorativa di giardinaggio nei terreni di proprietà del medesimo.

Il lavoratore promuoveva ricorso in Cassazione contro le sentenze di 1 e 2 grado, sostenendo – la condotta dell’azienda – contraria alla legge 300/70.

Il ricorso presentato, sosteneva che gli accertamenti investigativi sarebbero risultati ammissibili solo sussistendo danni al patrimonio aziendale ed, inoltre, che l’attività condotta dall’azienda sarebbe stata lesiva della dignità e libertà del lavoratore.

Il lavoratore perse la causa. La Corte confermò le sentenze delle precedenti decisioni.

Pertanto, almeno per il caso, fu deciso che l’attività investigativa deve ritenersi legittima purché non sconfini nella vigilanza della prestazione lavorativa, che in tal caso competerebbe, ai sensi dello Statuto dei Lavoratori, soltanto al datore di lavoro ed ai propri collaboratori.

Attenzione Lavoratori! chi in maniera sistematica usasse la connessione internet aziendale è passibile di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. E l’azienda che usa degli strumenti di controllo a distanza per accertare l’utilizzo irregolare dei beni della società non è soggetta alle regole previste dall’articolo 4 dello statuto dei lavoratori, in quanto queste si applicano solo se il controllo riguarda lo svolgimento della prestazione ma non l’accertamento di eventuali illeciti del dipendente.

La privacy è stata tutelata poiché la società, nel caso in questione, si era limitata a quantificare solo i dettagli del traffico e non anche dati dei siti visitati.

Rag. Giancarlo Salerno

Via Giovanni XXIII n. 13/B

Cell. 347/6848604

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