“Il patto per lo sviluppo non sia il solito rituale ed elenco di cose note. Il contributo che può dare anche il settore agricolo”

carmine dipietrangelo

Ad un patto per lo sviluppo del territorio tutti  sono interessati. I partecipanti sono chiamati non solo a chiedere ma anche a dare rifuggendo da rituali per evitare che il “tavolo” resti privo di gambe.

Siamo in una situazione che richiede coraggio, innovazione, rotture con il passato e anche una messa in discussione di se stessi e di ognuno che ha responsabilità e funzioni di rappresentanza. La crisi economica, occupazionale e sociale è profonda. Non è più tempo per convegni e di partecipazione fine a se stessa.

Diceva J.F. Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”.

Questo vale per ogni cittadino ma nel caso del patto per lo sviluppo è utile che lo tenga presente  ogni attore coinvolto e interessato, istituzionale, politico, sindacale, associativo che sia. Al tavolo bisognerebbe partecipare portando proposte concrete e disponibilità a prendere impegni che possano trasformarsi in progetti che diano il senso di una fase nuova, di una svolta. Governo nazionale, Regione Puglia, istituzioni locali, grandi gruppi, imprese del territorio devono rispondere al ”chi fa e che cosa” con coerenza e incisività.

Rivendicare è giusto così come chiedere o come si dice “attivare un tavolo”  è necessario, a condizione però che ogni soggetto coinvolto sappia fornire indicazioni senza rimanere nel vago di esigenze scontate(più occupazione, più sviluppo) e soprattutto senza diventare portavoce di scelte compiute altrove e confezionate in un vecchia logica di investimenti pur che siano e in grado solo di rialimentare una  politica di commesse.

In questi giorni, dopo l’incontro tra associazioni imprenditoriali e sindacali, si sono cimentati in molti a suggerire idee alcune delle quali anche  un po’ stantie. Comunque un fatto positivo.

Un  po’ di chiarezza e di determinazione, però, è richiesta perché si possa definire un insieme di proposte tali da dar vita ad una vertenza Brindisi su cui organizzare, se necessaria, penso, una mobilitazione sociale e popolare consapevole, convinta e partecipata.

Innanzitutto il tavolo, la vertenza riguarda la città di Brindisi o l’intero territorio provinciale?

Inoltre, è il tavolo  per il tradizionale apparato industriale o l’occasione  per ripensare, definire i connotati di uno sviluppo più sostenibile, capace di valorizzare tutte le potenzialità, compreso il saper fare di un territorio che ha conosciuto negli anni, nel bene e nel male, i vantaggi, le suggestioni e i danni di un modello ormai consumato e superato?

È giusto quindi partire con i piedi per terra, fare i conti con la realtà (quella vera), ma bisogna sapere dove si vuole andare. E la realtà non è solo quella della città di Brindisi e non è solo l’industria.

La presenza di importanti imprese industriali e di produzione, nazionali e multinazionali, è stato certamente un importante fattore per lo sviluppo non solo della città ma di un territorio molto più ampio.

Del contributo ad uno nuovo sviluppo di questi gruppi non si può e non si deve fare a meno, anzi vanno richiamati alle loro responsabilità verso un territorio che a loro ha dato tanto. Andrebbero impegnati con proposte per una politica di investimenti per le bonifiche necessarie, per ambietalizzare i processi produttivi, per nuove produzioni che possano sostituire quelle ormai obsolete o in fase di superamento(da quelle petrolchimiche a quelle energetiche da fossili e comprese anche  quelle  che sono diventate residuali e a scorso contenuto tecnologico dello stesso settore aeronautico).

Pur essendo allora convinto che non si può assolutamente rinunciare ad uno sviluppo industriale soprattutto in una realtà come la nostra, ricca di vecchie presenze e di professionalità, mi chiedo, da tempo, se allo sviluppo dei nostri territori possano dare un contributo altri settori che meriterebbero però la stessa attenzione e conoscenza come quella riservate ad un apparato industriale sempre più in difficoltà.

A venire incontro alle mie vecchie e nuove convinzioni sono di aiuto alcuni dati statistici sulla struttura economica della nostra provincia comprensivi di quelli della città.

L’economia provinciale è caratterizzata dalla prevalenza di  “Altri servizi” all’interno dei quali stanno il settore della pubblica amministrazione, il settore delle professioni, dei servizi di produzione, del trasporto e del credito e che costituiscono quasi il 52% del valore aggiunto totale.

Nello stesso periodo il valore aggiunto industriale della provincia si attesta attorno al 17% contro una media regionale che non raggiunge il 13%. Dieci anni fa il peso dell’industria in provincia sfiorava il 19%. Ha perso come si evince il 2% mentre nello stesso periodo il peso dell’agricoltura sul valore aggiunto totale è passato da un 3,9% a quasi il 7%, pari a quasi tre volte il dato medio nazionale.

Fatto 100 il valore aggiunto della provincia nel 2006, il settore che ha registrato i tassi di crescita maggiori in questi anni è quello agricolo che è cresciuto del 62,4%. Sono dati che dovrebbero aiutare a comprendere le tendenze economiche del territorio.

E per comprendere ancora meglio la struttura economica della nostra provincia possono essere utili questi altri dati.

Nel 2017 le imprese agricole in provincia di Brindisi erano 7.391, quelle industriali 2.300, quelle del commercio 9.737, quelle classificate come altri servizi 8.085. Dei circa 120.000 occupati, 48.000 erano sempre nel 2017 quelli occupati in “altri servizi”, 31.000 quelli occupati nel commercio, trasporti, attività turistiche e ricettive, 20.000 nell’industria, 13.000 in agricoltura, 9.000 (in calo continuo) nel settore delle costruzioni.

Un patto per lo sviluppo allora deve fare i conti con questi dati e non può prescindere dal contributo che anche il settore agricolo può e deve dare.

È l’unico settore in crescita e che, malgrado le difficoltà, ha ancora enormi potenzialità essendo il settore che interagisce più di ogni altro con altri settori e può caratterizzare, non solo dal punto di vista produttivo, l’intero territorio.

Infatti agricoltura è anche  territorio, paesaggio, turismo. È parte di una possibile economia circolare e orizzontale.

Una politica lungimirante per lo sviluppo deve tener presente allora il settore agricolo di questo nostro territorio, le sue campagne. Bisognerebbe ricostruire la stessa tensione, le stesse attenzioni rivolte ad altri settori superando disattenzioni e sottovalutazioni. Non è un settore residuale e vecchio, anzi i dati richiamati dimostrano che è in crescita.

Negli ultimi anni ci sono stati, e tuttora ci sono, investimenti importanti nella vitivinicoltura, nelle orticolture, oltreché nella olivicoltura anche se quest’ultima oggi deve fare i conti con la xilella.

Investimenti che stanno riqualificando gli aspetti, i paesaggi della stessa campagna che circondano le nostre città compresa anche quella di Brindisi.

Si sta facendo avanti una agricoltura moderna, attrattiva di innovazioni, di completamento di filiere e che può determinare una valorizzazione e una enorme potenzialità turistica.

Paesaggio agricolo, storia, produzioni agricole e loro trasformazione, siti, masserie che circondano la stessa città di Brindisi non hanno niente da invidiare a quelle del Salento o della valle d’itria a condizione che vengano valorizzati e che vengano bloccate ulteriori aggressioni come quelle determinate dai campi fotovoltaici che sembrano invece ulteriormente riproporsi.

Ci vorrebbe una nuova cultura amministrativa e forse anche urbanistica che senza stravolgimenti paesaggistici fosse in grado di determinare un nuovo rapporto tra città e campagna. Andrebbero definite, per esempio, procedure e incentivazioni utili  per costruire o ristrutturare insediamenti di campagna dove un’accoglienza di qualità potrebbe attrarre un turismo che sempre più  va alla ricerca di paesaggio agricolo e di produzioni tipiche locali. Penso non solo all’agriturismo ma anche alle potenzialità che l’enoturismo e la enogastronomia possono avere nel nostro territorio con quel rapporto tra campagna, città e mare, che difficilmente si può trovare in altre parti della Puglia. Il ruolo dell’agricoltura può, allora risultare utile per ripensare e costruire uno sviluppo più armonico e più sostenibile che non si contrappone ad altri settori ma può fare da mitigazione  o da integrazione alle tante e altre potenzialità del territorio comprese quelle di una industria meno impattante.

Carmine Dipietrangelo

Presidente Left Brindisi

1 COMMENTO

  1. Pur nella ristrettezza di spazio consentito, desidero esprimere un commento molto sintetico al surriferito lungo articolo. Condivido, carissimo amico, molte delle considerazioni formulate nel tuo scritto che, manchevole di una necessaria premessa, riduce il contenuto ad una mera speranza di cambiamento dei fattori della produzione per un diverso “patto di sviluppo” del territorio brindisino ed in particolare della città. Resto, per caparbia cultura politica e tecnica, dell’avviso che la base di partenza per il capovolgimento dell’attuale situazione debba passare dal drastico inquadramento della realtà amministrativa-contabile del Comune. Non è possibile la realizzazione di alcun programma che non sia direttamente collegato alle risorse finanziarie disponibili dell’Ente e delle società partecipate, sicchè il veritiero e mai pubblicizzato, come accade da tempo, stato di crisi economica costringe questa città a rimanere impantanata nelle sabbie mobili dalle quali sono realizzabili solo ipotesi da sogno di mezza estate.Il voler superare a piè pari il quadro sinottico contabile dell’Ente e delle partecipate frena inesorabilmente lo sviluppo di quei settori produttivi indicati che sono certamente trainanti per il miglioramento delle condizioni di vita della comunità. E’ questo il primario impegno da assolvere, abbandonando, anzi revocando, deliberazioni illusorie oltretutto fuori dal contesto normativo e regolamentare. La forza Politica di Articolo Uno, che partecipa al Comune con la presenza di un Assessore di peso proprio nel settore finanziario, ha di recente pubblicato un apprezzabile articolo sulle linee gestionali che intende perseguire nel settore della contabilità e nei rapporti diversi da tenere con l’apparato burocratico. Che poi detti pensamenti non abbiano ricevuto alcun positivo riscontro, ma consolidamento delle precedenti procedure lo si rileva da recenti atti deliberativi come l’approvazione di
    Consiglio del bilancio di previsione 2019 e di Giunta del rendiconto di esercizio 2018 che comprovano la volontà di fatto ai buoni propositi.
    Brindisi, 22/05/2019 Franco Leoci

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