“Il party” di Elizabeth Day

Lo sosteneva già Cicerone, riprendendo la fondamentale tradizione speculativa greca, che l’amicizia vada anteposta a tutte le cose umane perché unico sicuro baluardo in un mondo dominato dalla reciproca diffidenza e a ciò aggiungeva che un amico finisce per rappresentare un’immagine raddoppiata di noi stessi, tanto è perfetto e fondato sulla legge di natura il rapporto che a lui ci lega. Peccato che lo specchio nel quale immaginiamo di vedere riflessa la nostra immagine possa talvolta rivelarsi nero, ovvero il fulcro di un’ossessione per la quale si è disposti a rinunciare alla propria vita, quasi assumendola come funzionale allo svolgersi dell’altra – quella dell’amico.

Emerge ben presto, ne Il party di Elizabeth Day uscito per Neri Pozza, che a unire Ben e Martin sia un legame siffatto: il primo, rampollo di una famiglia inglese molto in vista, bello e corteggiato dal mondo; il secondo, ragazzo triste e insicuro, con madre anaffettiva rimasta vedova mentre era incinta del figlio. Due mondi così distanti si incontrano a Burtonbury, scuola privata di buona reputazione cui Martin può accedere solo grazie ad una borsa di studio. È tra le austere mura dell’ex collegio maschile che Martin diverrà la piccola ombra dell’amico (PO, lo chiamerà Ben per i successivi venticinque anni), sopporterà le vessazioni e le cattiverie di compagni che lo riterranno e faranno sentire sempre fuori luogo, lavorerà indefesso per meritarsi – nel cuore della ricca famiglia dei Fitzmaurice – un posto col carattere dell’indispensabilità, finendo per immolarsi sull’altare della menzogna pur di tenere legato a sé Ben e i suoi con un sentimento che a prima vista sembri gratitudine. Sebbene le vite di entrambi conoscano il successo e procedano parallele, sempre unite da quell’inconfessabile segreto, Ben decide, in occasione della megalomane festa per i suoi quaranta anni, di cambiare disegno alla propria vita e di recidere quel filo potente che pareva avere la presunzione di sfidare l’eternità. E, allora, sullo sfondo di un party che rasenta la farsa, via ogni maschera, via ogni ipocrisia, e che gli specchi tornino a restituire l’immagine di ciò che si è, il contorno di ogni nostra miseria.

Diana A. Politano

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