Il 27 gennaio in Parlamento

La tela di un perseguitato ebreo adesso al Parlamento Europeo. È “il rifugiato” di Felix Nussbaum, svelato per inaugurare il Memoriale dell’Olocausto. Ad osservarla, scavando nei colori e nel dolore di quest’uomo, l’europarlamentare Chiara Gemma. Nella raffigurazione l’essere umano è piccolo, con il capo chino, piegato su se stesso, in profondità. Ad occupare lo spazio un mappamondo e la sua ombra, testimoni di un tempo che è stato. All’orizzonte, dalle arcate che annunciano il mondo esterno, ancora grigiore, ma un abbozzo di vita. Chiara Gemma ha deciso di commemorare le vittime dell’Olocausto attraverso l’arte che permette una seconda possibilità, quella del riscatto sempiterno “per non dimenticare”, o come ha detto la presidente Roberta Metsola <<con una promessa senza tempo, mai più>>. <<Dobbiamo non perdere l’amore per il ricordo di tutte quelle vittime – ha chiosato l’eurodeputata Gemma – perché, come ha dichiarato David Sassoli nel 2020, quella carneficina “ha mostrato alle generazioni future dove può arrivare l’uomo senza umanità”, perchè “quello che è successo è figlio della nostra storia”. La parola “storia” è tra le mie preferite, nonostante le brutture connesse a questa ricorrenza. Storia, dalla radice greca “id”, “orao”, si traduce con “ho visto”, ma “orao” nelle coniugazioni al futuro cambia concetto e assurge alla conoscenza. Diviene sapere. Quell’aver visto tramite il potere della storia ci rende in grado di “sapere” ciò che non vogliamo, ciò che fermamente aborriamo. Verbo differente, sin dalle sue fondamenta, da “conoscere”, perché “sapere” è ciò che abbiamo imparato a fare>>. Le riflessioni dell’eurodeputata puntellano le coscienze a non soccombere ad un ricordo vano, ma responsabile e, riprendendo le parole della presidente Metsola in occasione del discorso che ha tenuto in Parlamento, “alzeremo le nostre voci. Essere antisemita equivale ad essere anti-europea”. <<Ho sentito sulla mia pelle l’orgoglio di far parte di questo Parlamento che non è rimasto in silenzio come ha affermato Roberta Metsola “quando si tratta di combattere odio e discriminazione, l’esclusione, l’indifferenza”. Cos’è l’indifferenza al dolore? Non è più ammissibile e ospitare il potente e imperituro messaggio che “il Rifugiato” urlerà alle future generazioni, è uno dei tanti passi che dobbiamo compiere insieme>>.

Federica Marangio

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