“Gli scellerati” di Frédéric Dard

Periferia parigina, primi anni Cinquanta: Léopoldville è un sobborgo grigio, stretto tra le ciminiere delle fabbriche e i tristi campi coltivati tutt’intorno, mentre quella di Louise è la voce della ragazza diciassettenne che accompagna il lettore nella discesa agli inferi che è Gli scellerati di Frédéric Dard. Pubblicato in Francia nel 1959, e oggi disponibile anche in Italia grazie al recupero per Rizzoli, Gli scellerati racconta una vicenda che trae la sua consistenza dai toni foschi di cui è permeata, dai dialoghi premonitori di segreti e ossessioni, dalle ambientazioni che lasciano volutamente intravedere retroscena di cupa infelicità. La giovane e ambiziosa Louise, stufa del lavoro da operaia e del grigiore di Léopoldville (lì dove persino un pittore «invece di mettere un po’ di luce in cima alla tela, si era accontentato di porre la firma in calce e ho pianto all’idea di quel sole che avrebbe potuto concederci e che al contrario, come il buon Dio, ci aveva rifiutato»), sceglie di imprimere una svolta alla sua vita proponendosi come domestica ai coniugi Rooland, i due americani che, con una splendida Dodge parcheggiata nel vialetto di ghiaia, abitano la più bella villa della città: «era una villetta di Léopoldville, ma era come se sorgesse su un’isola sconosciuta. Un’isola minuscola e misteriosa dove si doveva vivere maledettamente bene». Una vita, la loro, che sembra circondata da un’aura unica – agi, cocktail, feste, passione – e che invece nasconde crepe buie e insanabili in cui Louise desidera ardentemente frugare, investigare, cercare un puntello qualunque che le garantisca una possibilità di esistenza diversa dalla miseria conosciuta fino a quel momento. Casa Rooland e i suoi inquilini pieni di fascino – Thelma e Jess – non abitano però un’isola idilliaca e il dondolo su cui tanto amano sedere in giardino è piuttosto l’emblema del loro oscillare – elegantemente pigri e ebbri – tra il disperato venir meno dell’amore e il senso sfuggente del tempo. Louise scoprirà presto che le sue fantasie sono un gioco pericoloso e che di un pugno di sogni a buon mercato può rimanere ben poco. Abbiamo personaggi che si avvitano su sé stessi, senza scampo, che sembrano correre follemente verso il compiersi di un destino già noto e terribile: scellerati, appunto. Dolosi, nel loro perseguire un’illusione.

Diana A. Politano

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