Pochi anni fa ebbi la fortuna di ricevere e, successivamente di diffondere in città, un vecchio reportage girato dalla Rai qui a Brindisi. L’argomento trattato si basava sugli effetti – anche di carattere sociale – procurati dall’insediamento industriale della Montecatini.

L’economia locale si basava soprattutto sull’agricoltura e questa novità, procurò ad essa un’inevitabile danno in termini di risorse di manodopera.Migliaia,difatti, furono attratti dal mito del “posto fisso”.

Con l’evento della nuova realtà industriale siriscontrò una emigrazione al contrario. Cioè, se dai primi anni 50 e successivo decennio, gliesodi portarono verso il Nord – Torino e Milano in particolare –si ebbe a registrare un rimpatrio di tantissimi lavoratori concittadini provenienti per lo più dalla Germania e dalla Svizzera.Affascinati dall’idea di potersi  finalmente  ricongiungere con i propri familiari, abbondonarono le fabbriche del “profondo Nord”,  in quanto, la neonata industria avrebbe loro permesso di intraprendere un nuovo percorso lavorativo.

In quegli anni si sviluppò, come si diceva, un’altra forma di emigrazione al contrario. Dirigenti, Ingegneri ed Operai Specializzati – provenienti da diverse località del Nord, verosimilmente già con esperienza acquisita in altre realtà industriali – vennero a far capolino nella nostra città.

Tuttavia l’economia e, quindi un certo progresso, sebbene con molta lentezza, si sviluppò in altri settori: furono costruiti nuovi quartieri, avviati nuovi negozi, nuovi locali ricettivi anche grazie all’indimenticato “boom economico italiano”.

Oltre agli aspetti tecnici, quella “colonia” di emigranti provenienti dalle provincia del Nord, doveva essenzialmente procurare dei benefici, primo fra tutti,  il dover istruire persone senza alcun titolo di studio. Fu duro, ovviamente, far capire alle nuove maestranze il significato dei turni di lavoro, dei turni festivi e non per ultimo il regolamento sindacale.

Vennero impartite lezione di educazione civica, di italiano, di matematica ma soprattutto di chimica, naturalmente perché l’Industria avrebbe installato specifici impianti. Dunque si può affermare – tralasciando in questa sede gli effetti sconvolgenti riguardanti l’inquinamento procurato  – che, migliaia di persone ebbero modo di elevarsi culturalmente e, di acquisire la professionalità in ogni singola mansione loro affidata.

Chiunque possieda redditi prodotti in Italia, anche se residenti all’estero, è tenuto a dichiararli all’Amministrazione finanziaria, salvo casi specifici – espressamente previsti dalla legge -, attraverso la denuncia modello Unico.

In ottemperanza allo Statuto del contribuente, il cittadino italiano residente all’estero, potrà assicurarsi delle notizie utili attraverso i siti internet del Ministero dell’Economia e dell’Agenzia delle Entrate.

Per non essere considerati residenti in Italia ma all’estero, devono concretizzarsi le seguenti condizioni:

– non essere iscritti all’anagrafe delle persone residenti in Italia per più della metà dell’anno (183 gg);

– non aver il domicilio in Italia per più della metà di un anno;

– non aver avuto dimora nel nostro Paese per più della metà di un anno.

Tuttavia le Convenzioni Internazionali hanno dettato regole contro l’eventualità della doppia imposizione del reddito ed in particolare, quelle vigenti con Svizzera e Germania.

Le pensioni corrisposte – da Enti Nazionali – a persone non residenti nello Stato Italiano, devono essere assoggettate, in linea generale, e, quindi considerate imponibili in Italia.

Naturalmente, il regolamento fissato dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, ci aiuta a capire i criteri fissati dallo stesso, per individuare quali redditi vengono ritenuti “prodotti in Italia”, secondo il criterio della territorialità.

Rag. Giancarlo Salerno

Via Giovanni XXIII n. 13/B

Cell. 347/6848604

 

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