“Confidenza” di Domenico Starnone

Confidare ad un amante un segreto indicibile e tale da provocare vergogna in chi lo serba può rinsaldare un legame amoroso – ovvero lava pura, «eruzione che cancella la comprensione e la pietà, la ragione e le ragioni, la geografia e la storia, la salute e la malattia, la ricchezza e la povertà, l’eccezione e la regola»? La storia di Pietro Vella – al centro di Confidenza, il nuovo romanzo di Domenico Starnone per Einaudi – sembrerebbe doverci far propendere per una risposta negativa al quesito: la ricercata indissolubilità del legame lascerà il posto al costante senso di minaccia rappresentata da Teresa, la confidente che accoglie il racconto della nefandezza di Pietro. Il reciproco segreto finirà per diventare (in maniera determinante per Pietro, anche quando l’amore per la ex allieva sarà finito e incontrerà Nadia) l’argine irrinunciabile alle proprie pulsioni, al senso di inadeguatezza che mai lo abbandona nonostante il successo e gli agi crescenti. Quella confidenza, nel duplice senso di confessione e di naturale spontaneità, diventa un pericolo da scansare per mantenere intatta l’immagine di realizzazione offerta al mondo e dell’agognato, quanto ritenuto immeritato, riscatto sociale. Il desiderio amoroso, il tradimento, il fatto stesso che «l’amore, che dire, se ne parla tanto, ma non credo di aver usato spesso la parola», non possono essere oggetto di narrazione se non legandoli a tutto il resto di cui si compone una vita: l’ambizione, le tare che ingoffano, l’approvazione degli altri, la piena aderenza alla migliore idea di noi stessi. Dunque viene fuori l’infermità di ogni costruzione, arriva il momento in cui ci si chiede se si è riusciti a persuadere gli altri di una verità o di una bugia, se ci si è ben manifestati o, piuttosto, ben nascosti – se è vero che «la menzogna è la salvezza dell’umanità». La narrazione prevede tre sequenze di racconto, tre punti di vista che scompongono il tempo in frammenti di significato diverso, senza fissarne uno prevalente: soltanto vana è l’ambizione di predicare l’assolutezza, quando in ballo ci siamo noi alle prese con le nostre identità.

Diana A. Politano

CONDIVIDI

LASCIA UN COMMENTO