Un concerto per rendere ancora più memorabile l’evento della riapertura al culto della chiesa di San Paolo Eremita, una pietra angolare del patrimonio culturale della città di Brindisi. L’evento di inaugurazione, in programma domenica 28 ottobre, vedrà protagonista, a partire dalle ore 20, al termine della restituzione alla chiesa della statua dell’Immacolata e della presentazione dei lavori di restauro e di valorizzazione effettuati, l’orchestra barocca «La Confraternita de’ Musici», diretta al cembalo dal M.O Cosimo Prontera. Una cornice musicale, dal titolo «Sacre Vertigini», che conferisce all’appuntamento la giusta solennità, una vetta esecutiva al culmine di un percorso restaurativo durato due anni. L’esecuzione dell’ensemble sarà impreziosita dalla partecipazione di due artisti assoluti del repertorio vocale antico, come Paolo Lopez, uno straordinario sopranista, e Antonio Giovannini, raffinatissimo controtenore, due acclamate conoscenze del Barocco Festival «Leonardo Leo». Un’esecuzione storicamente informata alla luce del fatto che in epoca barocca, specie nell’area napoletana, ma anche nella vicina Roma dei Papi, nelle chiese, nelle cappelle e nelle confraternite, non venivano utilizzate le voci femminili.
Il programma della serata si apre con un Concerto per archi di Antonio Vivaldi, tra i massimi esponenti del barocco musicale, nome “simbolo” di un periodo travolgente. Per il veneziano questa forma rappresentava la summa della sua arte musicale e la fama che circondava i suoi lavori (più in Europa che in Italia in realtà) andava di pari passo con la “vanità” con cui il “prete rosso” li componeva e presentava. Ciò che rende straordinari ancora oggi i Concerti vivaldiani è la loro varietà coloristica, il virtuosismo solistico, la spigliata inventiva, l’utilizzo a volte anche di strumenti “inconsueti”. Il concerto continua con l’aria «Mea tormenta, properate» dell’autore coevo Johann Adolf Hasse, una successione non casuale dal momento che la scrittura del tedesco è accessibile, vibrante, melodica e altamente drammatica, e l’aria è un luminoso esempio di ardore vivaldiano che si potrebbe attribuire proprio al sacerdote veneziano. Si torna quindi a Vivaldi, ai suoi componimenti (salmi) destinati alle celebrazioni liturgiche, come il «Dixit dominus» che Joseph Ratzinger ha definito «celebrazione del Messia vittorioso, glorificato alla destra di Dio». Sempre di Vivaldi è il Concerto grosso da «L’estro armonico», una raccolta di concerti per vario organico strumentale che ha segnato per il compositore l’inizio della sua affermazione europea.
Georg Friedrich Händel è considerato il compositore che ha rappresentato al più alto livello l’estetica del periodo barocco. Il concerto per la nuova vita della chiesa di San Paolo restituisce al pubblico «Lascia la spina, cogli la rosa», aria dall’oratorio a tema meditativo «Il trionfo del tempo», di carattere struggente e intimo, ripresa poi nella più famosa opera «Rinaldo» con le parole «Lascia ch’io pianga mia cruda sorte», che ne hanno immortalato la melodia. La musica di Händel è altissimo esempio di delicatezza e di armonia, con linee melodiche che toccano corde di una sensibilità davvero alta. Il concerto lambisce un capolavoro assoluto, come «Dormi, o fulmine di guerra», l’aria più bella dell’opera «Giuditta» di Alessandro Scarlatti, la celebre ninna nanna per addormentare Oloferne e permettere a Giuditta di compiere il suo progetto, quello di liberare Betulia. Ma si torna subito a Händel con un’altra aria tratta dall’oratorio «Il trionfo del tempo», dal titolo «Un pensiero nemico di pace», che ricorda come nel primo caso alcune pagine virtuose di Vivaldi. E con Vivaldi il concerto prende la curvatura finale, che celebra «Armatae face et anguibus», tratta dall’oratorio «Juditha Triumphans», preceduta da recitativo e vera aria di furore. Il momento conclusivo è dedicato, non poteva essere diversamente, allo «Stabat Mater» di Giovanni Battista Pergolesi, uno dei più grandi capolavori della storia della musica per soli e organico d’archi: la composizione fu commissionata a Pergolesi nel 1735 (a qualche mese dalla morte) dalla laica confraternita napoletana dei «Cavalieri della Vergine dei Dolori di San Luigi al Palazzo», per officiare alla liturgia della Settimana Santa. Del componimento del musicista jesino il programma contiene il duetto «Quando corpus moriétur, Amen».
La bellezza della musica incontra e omaggia, dunque, quella restituita di un luogo che racconta con i suoi innumerevoli e preziosi segni d’arte la grandezza della memoria e la potenza della devozione.