Castello Alfonsino, qualcosa si muove. A breve possibili novità…

BRINDISI – Sono 33 le imprese partecipanti alla gara espletata dal Segretariato regionale del Mibact per il restauro e la valorizzazione del Castello di Forte a mare: un numero decisamente alto, che rappresenta la causa dei ritardi nell’aggiudicazione della gara, in quanto il Segretariato sta vagliando con accuratezza l’impresa che potrà garantire la maggiore qualità possibile all’intervento. La somma a disposizione è limitata, ovvero 5 milioni di euro: per recuperare l’intera area ce ne vorrebbero 20 di milioni. L’intervento in programma, pertanto, deve essere assolutamente considerato un primo passo, al quale ne dovranno seguire necessariamente altri, perché il rischio concreto è che senza l’individuazione di una destinazione d’uso, il castello ripiombi nel degrado attuale. E sarebbe davvero un sacrilegio se, ripristinata l’illuminazione artistica, proceduto con il restauro conservativo, con il recupero del muro crollato e create le condizioni per percorsi atti alla sentieristica che colleghino la macchia mediterranea esterna ai cunicoli del Forte, tutto andasse nuovamente perduto.

Garantire un futuro al maniero, però, non è affatto semplice: intanto vi è da premettere che lo stesso rientra in un’area ancora di proprietà del demanio marittimo, pertanto ogni proposito di aprire agli investimenti dei privati resta vacuo se prima non interviene un accordo con l’Agenzia del Demanio, con il Segretariato regionale del Mibact e con la Soprintendenza. Inoltre, vi è da aggiungere che l’eventuale investimento di un privato verrebbe bocciato se non inserito in un piano di recupero generale di tutta l’area: per intenderci, se un grosso gruppo alberghiero si limitasse a presentare un progetto per la nascita di un albergo a 5 stelle, questo verrebbe bocciato nella misura in cui non fosse accompagnato da un piano economico sostenibile della durata di almeno 5 anni che preveda la valorizzazione e l’individuazione di una destinazione d’uso a 360°.

Per  fare ciò, in passato il Comune si era affidato all’Associazione “Mecenate 90”, ma poi la partnership si è interrotta. Nei prossimi giorni qualcosa dovrebbe muoversi per cercare di sbloccare una situazione che non dipende tanto dalla volontà del Comune quanto da quella degli altri enti titolari del ‘bene’. Nessuno degli attori in campo al momento ha un’idea chiara sulla destinazione d’uso dell’area, e comunque tutto resterebbe confinato sulla carta se non si riusciranno a reperire le risorse necessarie per dare le gambe a qualsiasi progetto.

Le strade da seguire sono strette ed obbligate: la prima prevede il passaggio dell’area nella titolarità del Comune, che solo in quel momento potrebbe bandire una manifestazione d’interesse internazionale aperta a tutti i grossi gruppi privati; la seconda, invece, seguirebbe la strada (più lunga) dei finanziamenti pubblici.

A tal proposito, Doretto Marinazzo, tra i più attivi ed attenti componenti del Gruppo “Amare Forte Amare” (composto da Legambiente, Italia Nostra, Fondazione Di Giulio, Club per Unesco Brindisi, Amici dei Musei, Touring Club Italiano – Club territoriale di Brindisi, Centro Turistico Giovanile Brindisi, Teatro delle Pietre, WWF Brindisi, Associazione l’Antico Palmento, Forum Ambiente Salute e Sviluppo, Associazione Remuri), auspica che Regione e Governo possano dare seguito agli impegni assunti nei mesi scorsi: “L’indicazione a stanziare ulteriori risorse c’era, ma il rischio è che con il passare del tempo i fondi vengano impegnati diversamente. Tra l’altro, i canali sono diversi, perché oltre ai Pon ed ai Por esiste ad esempio la possibilità di intercettare finanziamenti come quelli destinati alla valorizzazione della Via Appia. Importanti saranno due aspetti: individuare una destinazione d’uso congrua; esercitare la giusta pressione politica sul Governo, e per questo chiederemo a politici e parlamentari brindisini di impegnarsi su questo fronte”.

Andrea Pezzuto
Redazione

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