BRINDISI – Si sono sfiatate le trombe attorno al progetto del Brindisi Smart Lab, ospitato nei locali di Palazzo Guerrieri e risucchiato dall’endemica incapacità della comunità locale di conservare quel poco di buono che riesce faticosamente a costruire. Proprio ieri scrivevamo della nuova vita che a breve sarà restituita alla biblioteca provinciale, nella speranza che non si tratti di una breve vita come accaduto sino ad ora con l’Hub dell’Educazione e della Conoscenza, per il quale la Regione Puglia ha trasferito al Comune di Brindisi 1,5 milioni di euro. E per la verità, l’Amministrazione comunale brindisina è riuscita a spendere le risorse a disposizione più velocemente rispetto ad altre realtà, avendo comunque tempo fino al prossimo ottobre per rendicontare l’intera spesa, che fino a maggio si assestava a 840.000 euro.
Si ricorderà la conferenza stampa tenuta dalla precedente Amministrazione comunale il 22 maggio scorso (ovvero pochi giorni prima della caduta della Sindaca), nella quale, alla presenza dell’allora project manager Giuseppe Brugnola, venne inaugurato lo spazio per il coworking (dotato di postazioni computer) ed il Fab Lab, al cui interno si trovano stampanti 3D per la creazione di manufatti, un drone ed alcuni macchinari al servizio delle piccole e medie imprese. Il progetto prevede inoltre la possibilità di svolgere attività di consulenza per gli “startupper” (il cosiddetto acceleratore di start up); un laboratorio per il disagio sociale; il rilascio di open data; la smart school, consistente nella fornitura di linee per le scuole mediante cui sviluppare l’e-learning; un portale per il turismo.
Insomma, un bel progetto, che senza un gestore privato, però, è destinato a finire accatastato nell’altissima pila dei libri dei sogni che hanno scandito la vita della città. Per portare avanti il carrozzone, infatti, servono circa 26.000 euro al mese: i soggetti attuatori del progetto (ovvero l’associazione temporanea d’imprese composta dalla Ditech e dalla Sintesi), interpellati a tale riguardo dalla struttura commissariale, per il momento hanno risposto picche, ritenendo evidentemente poco appetibile l’attuale “pacchetto”. Dal Comune fanno sapere che se dovesse persistere il silenzio dell’Ati verrà indetto un nuovo bando atto al reperimento di soggetti interessati alla gestione del contenitore.
La serie interminabile di bandi, abortiti o andati deserti, che ha costellato gli ultimi lustri lascia pensare che, oltre ad uno scarso attivismo degli investitori privati del territorio, non ci sia neppure l’humus adatto per attirarne da fuori. D’altronde, qui, con la semina, ci siamo attardati di parecchio, ed è forse giunto il momento che la città riprenda a considerare seriamente la Conoscenza come la più solida delle basi per costruire un futuro migliore, un futuro – finalmente – da affrancati.
Andrea Pezzuto Redazione |