Brindisi ha la sua fiaba: al Teatro Verdi in scena i sentimenti e l’integrazione

BRINDISI – Ogni fiaba ha il suo lieto fine. La fiaba di cui parliamo, che magari per qualcun altro potrebbe essere considerata un incubo, è quella che ha visto protagonisti gli studenti dell’IPSIA Ferraris di Brindisi, le alunne del Liceo coreutico “Epifanio Ferdinando” di Mesagne e gli immigrati rifugiati e richiedenti asilo della Provincia di Brindisi, per settimane impegnati fianco a fianco nella preparazione dello spettacolo “Mare Nostrum”, portato in scena ieri sera sul palco del Nuovo Teatro Verdi di Brindisi.

Il progetto formativo è stato la sintesi di percorsi di inclusione promossi dal MIUR-Fondi strutturali e dal Ministero dell’Interno con il progetto FAMI (Fondo Asilo Migrazione Integrazione) ed ha beneficiato della collaborazione di Vito Alfarano nelle coreografie e di Maurizio Ciccolella, che ha curato la regia in un remake in chiave moderna del mito di “Ulisse migrante Mediterraneo”.

Senza la grande spinta propulsiva della dirigente scolastica Rita De Vito, però, questa fiaba non sarebbe stata scritta. Una fiaba dove “l’uomo nero” non viene dipinto come “l’antieroe” ma come un simile meritevole – in quanto simile – di un approccio empatico. Empatia che non dovrebbe risultare difficile esercitare per noi italiani del Meridione, protagonisti ciclicamente di fenomeni emigratori di massa. Una circostanza richiamata nell’emozionante discorso introduttivo della dirigente scolastica De Vito, conclusosi poi con i ringraziamenti all’indirizzo del Commissario straordinario del Comune di Brindisi Santi Giuffrè, capace – attraverso il suo alacre lavoro ed il rigore morale – di aver regalato a noi brindisini la possibilità di credere in un futuro migliore. Una condizione mentale che, seppure con le ovvie differenze rispetto a chi fugge dalle guerre, accomuna la nostra comunità e gli ospiti dei centri di accoglienza della nostra Provincia.

Senza narrazioni artefatte finalizzate ad “adulterare il prodotto” ad uso e consumo proprio, appare dunque fisiologico assistere a scene come quelle di ieri, dove ragazzi di colori diversi, di estrazioni diverse, di orientamenti diversi si stringono in lunghi e convinti abbracci dopo aver condiviso assieme uno stimolante percorso artistico-pedagogico.

E’ stata la serata in cui gli ospiti si sono sentiti a casa loro, dove i riflettori hanno illuminato gli invisibili, che davanti ad una platea amica hanno potuto scandire finalmente con orgoglio i loro nomi.

Tutto ciò afferisce l’umanità, caratteristica della quale non dovremmo far difetto in quanto esseri umani. Ma se non riusciamo a leggerla in questa logica, poniamola egoisticamente: l’amore che dai, alla fine – in qualche modo – torna indietro. A volte con gli interessi. E la via maestra è stata indicata ieri sera.

Andrea Pezzuto

 

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