Borri: “Ho scoperto solo ieri dell’esistenza del progetto dell’Autorità portuale, in tutti questi mesi nessuno mi aveva avvisato. Quell’opera non si può fare”

BRINDISI – Non c’è dubbio che si tratti di una brutta pagina per la città. A meno di una settimana dalla chiusura del termine per le osservazioni da inviare al Ministero dell’Ambiente in merito alla procedura di Valutazione d’impatto ambientale per la realizzazione della cassa di colmata atta a contenere i fanghi rivenienti dai dragaggi dei quali necessita il porto per diventare homeport per le crociere e gateway per le merci, infatti, è arrivata la relazione negativa sull’opera da parte dell’assessore all’Urbanistica del Comune di Brindisi, Dino Borri. L’Autorità portuale ha presentato al Comune il progetto in questione nel dicembre del 2017. Per un anno i vertici della struttura commissariale e della nuova amministrazione sono rimasti all’oscuro di tutto, finché ieri Borri casualmente non è venuto a conoscenza del progetto, redigendo nel giro di poche una relazione nella quale demolisce di fatto lo studio di fattibilità preparato dall’Authority. Al netto della questione di merito, quello che non si comprende e che non spiega lo stesso assessore è come sia possibile che gli uffici comunali non lo abbiano notiziato su questo progetto.

Quello che contesta l’ente portuale, come detto in precedenza, non riguarda tanto il merito, nonostante dall’Authority spieghino che tutte le tematiche affrontate da Borri siano state oggetto di valutazione del Ministero, il quale nel corso di questi mesi ha chiesto integrazioni all’AdSP, quanto la tempistica. La relazione, infatti, cade come un fulmine a ciel sereno sull’ente portuale, perché a differenza degli altri enti, il Comune non ha mai eccepito nulla, non dando così modo all’Autorità portuale di valutare le osservazioni del Comune.

Ma qual è l’oggetto del contendere? Nello studio di fattibilità e nello studio idrogeologico si dice che la colmata non ostruisce il corso del Fiume Grande, mentre l’assessore Borri la vede diversamente.

“La cassa di colmata progettata dall’Autorità portuale – spiega Borri – si trova proprio alla foce di Fiume Grande. Il rischio concreto è che l’opera possa fungere da tappo perché lascia solo un piccolo rivolo laterale che potrebbe essere insufficiente, e questo comporterebbe un annesso rischio di esondazione. I lati del fiume attualmente sono occupati da capannoni industriali in parte dismessi e in parte no, ma nel futuro ci auguriamo che possano essere risanati e che possano riempirsi di attività. Il rischio idrogeologico procurato dall’opera, di fatto, comprometterebbe in futuro il recupero di quell’area”.

Dove costruire la cassa di colmata dunque, così da non precludere al porto la possibilità di svilupparsi attraverso i dragaggi oramai ineludibili?

“Il vecchio Piano regolatore del porto, redatto nel 1975, – risponde l’assessore – prevede un’altra colmata a est, verso Lecce. Per esempio quel sito non sarebbe proprio alla foce, quindi non si capisce perché la cassa la si voglia realizzare in quel punto e non più lontano come previsto nel vecchio Piano”.

Ma perché con tanto tempo a disposizione, queste osservazioni sono state presentate a poche ore dalla chiusura dei termini? Questa domanda se la pone anche l’assessore: “Mi piacerebbe che anche il sindaco rispondesse presto a questa domanda. Io ho appreso casualmente di questo progetto solo ieri in sede di commissione urbanistica dove era presente Di Leverano (dirigente dell’AdSP, ndr). Desta meraviglia, in effetti, che nessuno mi abbia notiziato”.

L’interlocuzione tra Di Leverano e Borri, però, secondo quest’ultimo sarebbe mancata anche a causa dell’ente portuale: “Circa due mesi fa l’Autorità portuale ci invitò e ci fece una panoramica di una serie di progetti. In quella occasione si parlò del progetto della cassa di colmata assieme a vari altri progetti. Vedemmo però solo delle slide, non avevo carte in mano per potermi esprimere. La settimana seguente ho scritto al collega Di Leverano chiedendogli un incontro, ma lui non mi ha mai risposto. Ho pertanto domandato al presidente Patroni Griffi come mai l’ingegnere Di Leverano non mi avesse risposto, ma lui ovviamente non sapeva niente di questa missiva”.

Secondo l’assessore, comunque, prima viene la sostanza e poi la procedura, e sul merito non nasconde la sua disapprovazione per lo studio dell’Authority: “Credo che vada rispettato il diritto di una comunità di non subire danni. A mio avviso è stato commesso un errore tecnico dall’ufficio dell’Autorità portuale e questo, al di là dei tempi delle osservazioni, resta il dato più importante”.

Ma come mai, allora, il Ministero dell’Ambiente non ha chiesto integrazioni su tale questione?

“Sarei sorpreso se non lo rilevassero, a me sembra una questione sostanziale importante. Lo studio di valutazione d’impatto ambientale che ho avuto modo di studiare velocemente ieri è molto sommario e non considera la nuova Pianificazione di bacino o il Piano territoriale di coordinamento della Puglia. Non considera insomma tutta una serie di cose. Va sottolineato comunque che il Ministero dell’Ambiente non è il Ministero delle Infrastrutture: qui parliamo di vincolo idrogeologico, che non è di competenza del primo ma del secondo. L’autorità di bacino, che si esprime sulla pianificazione, dipende dal Ministero delle Infrastrutture, non dell’Ambiente”.

Andrea Pezzuto

2 COMMENTI

  1. Anche il progetto di Sant’Apollinare è stato redatto e seguito da di Leverano tralasciando molti aspetti paesaggistici, Idro geologici e urbanistici con il disastro evidenziato dalla procura che ha sequestrato tutto. Ora anche quest’altro progetto è seguito dallo stesso. Mo io mi chiedo chissà quanti e quali altri progetti avrà seguito sto scienziato (ops, architetto!) per cui ha goduto probabilmente anche di benefit extra per distruggere il nostro territorio.

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