Ass. Crescere Insieme replica ad Aiaf: “L’affidamento condiviso e la sua applicazione: diritti dei minori e interessi degli adulti”

Al Comunicato dell’Aiaf si deve muovere anzitutto un’obiezione di metodo:un magistrato ha tutto il diritto di dare alle norme la propria interpretazione. Il contrario è “totalitarismo”. Quanto alla presunta violazione della specificità dei casi, si rammenta che le linee guida così si chiamano proprio perché rappresentano solo un orientamento: si enunciano principi e criteri generali da rispettare, lasciando flessibilità per le situazioni particolari.

D’altra parte la normativa in vigore prevede il diritto indisponibile del figlio minore di avere un rapporto “equilibrato e continuativo” con entrambi i genitori e di ricevere cura educazione e istruzione da ciascuno di essi. Ma all’Aiaf non sta bene che ci sia equilibrio, e quindi più facilmente collaborazione e interscambio all’interno della coppia genitoriale. A suo parere vanno bene le linee guida di altri tribunali, che prevedono che un solo genitore provveda ai bisogni dei figli e l’altro si limiti a passargli del denaro, senza compiti di cura. Organizzare seminari su “La tutela del diritto di visita del genitore non collocatario” significa sposare una lettura monogenitoriale dell’affidamento condiviso.D’altra parte, se non si può litigare sul rapporto con i figli perché i genitori sono entrambi affidatari; né sull’assegnazione della casa perché, essendo simili i tempi della frequentazione si seguiranno i prevedibili criteri ordinari; né sull’assegno per mantenere i figli(non il coniuge: il suo eventuale assegno non è toccato) perché ciascuno farà la sua parte direttamente e non c’è più da strapparsi soldi… c’è il rischio che il povero bambino rimanga privo delle sane liti familiari… E non è un ragionevole motivo di “sgomento”?




Ma, dice l’Aiaf, se i genitori hanno redditi molto diversi il bambino vivrà in due contesti economici molto diversi e questo non va bene… Bene: distinguiamo l’interesse degli adulti da quello del bambino.Se la madreè sposata  le spetta un assegno di mantenimento per mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; quindi il problema non esiste. Se ha solo convissuto, comunque adesso la legge 76/2016 ha pensato anche a lei. E per il figlio ci sono le massime tutele. Prendiamo il caso limite: famiglia monoreddito di fonte paterna. Mantenimento diretto significa, ad es., che se, affinché il figlio possa continuare a vivere esattamente come prima svolgendo le medesime attività, servono 1000 € al mese il padrecorrisponderà 500 € mensili alla madre che coprirà solo capitoli di spesa per i quali tale cifra è sufficiente mentre il padre pagherà tutto il resto con altri 500. Lo prescrive la legge, e le linee guida di Brindisi si limitano a ribadirlo. Quanto agli spicchi d’arancia non si può che rimandare agli studi scientifici nazionali e internazionali che attestano che i danni da mancanza di stabilità affettiva sono ben più gravi degli inconvenienti logistici. Ma forse non importa nemmeno. Basta notare cheil modello w-e alternati più “visite” infrasettimanali comporta più trasferimenti dei modelli suggeriti a Brindisi.   La correzione di rotta di Brindisi rispetto ad una legge violata, d’altra parte, non ha nulla di improvvisato, ma segue segnalazioni di enti terzi come il MIUR (circolare 5336/2015) e l’Istat che così commenta le cifre della giurisprudenza 2005-2015 (Report novembre 2016, p.13):  “In altri termini, al di là dell’assegnazione formale dell’affido condiviso, che il giudice è tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto all’affidamento esclusivo, per tutti gli altri aspetti considerati in cui si lascia discrezionalità ai giudici la legge non ha trovato effettiva applicazione.” Piuttosto, perché l’Aiaf non si attiva contro le violazioni di legge del D.lgs 154/2013 a tutto danno dei figli?

Marino Maglietta

(ass. Crescere Insieme)





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