Antonello Corso torna a parlare e risponde a Perdichizzi: “Un ottimo allenatore ma un irriconoscente”

BRINDISI – “Giovanni Perdichizzi è un ottimo allenatore, per legittimarsi non ha bisogno di sparare a zero su chi gli ha dato l’opportunità di allenare in una grande piazza come Brindisi”.

Antonello Corso, direttore generale della New Basket negli anni ruggenti della gestione Ferrarese, torna su una delle questioni più dibattute della storia del basket brindisino, e risponde alle affermazioni del coach siciliano, che nell’intervista pubblicata qualche giorno addietro addebitava velatamente a Corso – ed alla società in generale – di non essersi dotata di un management professionale all’altezza della Serie A e di non aver assecondato le sue volontà di mercato, quali la conferma di Omar Thomas.

Corso, così, decide di raccontare la sua verità dei fatti a distanza di 8 anni da quegli episodi, ammettendo qualche responsabilità ma sottolinenando anche quanto di buono ottenuto sotto la sua gestione: “Non ho mai avuto la presunzione di essere competente: tutti eravamo dilettanti allo sbaraglio perché nella vita abbiamo fatto altro grazie a Dio, e forse proprio questa è stata l’arma vincente; abbiamo operato senza perseguire interessi personali. Sinceramente, non so se ci sarebbero riusciti tutti i professionisti della pallacanestro ad arrivare in 5 anni dalla B2 alla Lega A. Al netto dell’etimologia del termine ‘professionista’, penso di aver operato con professionalità dato che mi dedicavo dalle 6 alle 8 per le situazioni di conteggio, da mezzogiorno alle 13 per le telefonate e dalle 19 alle 22 per il resto delle vicende societarie. Sinceramente fenomeni non ne ho incontrati in quegli anni: piuttosto ho incrociato tanti ‘sporcaccioni’, che lucravano sui contratti. Mi sono fatto la fama del tirchio, ma era una questione di rispetto verso soldi che non erano miei: questo mi ha portato ad essere odiato dai dipendenti, dai giocatori, dai procuratori, dai tifosi”.

Dopo il preambolo iniziale, il discorso cade sull’oggetto della telefonata, ovvero le dichiarazioni rilasciate da Perdichizzi: “Il sig. Perdichizzi nell’intervista ha parlato di management poco professionale: sappia che è lo stesso che lo ha portato a Brindisi e che non gli ha fatto mancare una lira. Io sono abituato a non buttare fango su chi mi ha concesso delle opportunità: lui è stato irriconoscente, perché ha avuto i soldi che voleva, e con quelle dichiarazioni è stato irrispettoso verso la società e verso Ferrarese. E dico di più: proprio perché si era instaurato un rapporto di amicizia con lui, quando si è trattato di discutere il suo contratto io mi sono tolto di mezzo e l’ho fatto parlare direttamente con Ferrarese, sapendo che con Ferrarese avrebbe spuntato molto di più.

Tra l’altro, quando lo mandammo via, lo facemmo perché, oltre allo spogliatoio che chiedeva la sua testa, lui stesso si era messo nelle condizioni di essere esonerato attraverso dichiarazioni offensive nei confronti della società. Apro una parentesi: chi lo ha salvato quando al primo anno di Legadue, dopo 7 sconfitte di fila e prima della partita casalinga contro Varese, tutti lo volevano mandare via?”.

Nell’intervista, Perdichizzi ha addebitato alla società dell’epoca – e velatamente a Corso in primis – la mancata riconferma di Omar Thomas. Su questo punto Corso precisa: “Omar Thomas, Cardinali e Crispin, sul finire del campionato di Legadue sono stati indotti a cambiare agenzia. Thomas era seguito da Capicchioni ed a fine campionato è passato alla Double B, l’agenzia di Virginio Bernardi, ovvero la stessa di Giovanni Perdichizzi. Thomas prendeva 180.000 dollari, quindi una cifra già abbastanza sostanziosa rispetto agli altri: a fine campionato ci vedemmo e rimanemmo d’accordo che lui avrebbe avanzato la sua proposta e noi gli avremmo fatto sapere se fosse stata congrua o meno. Non si fece sentire per una decina di giorni ed io chiamai il suo vecchio agente, non sapendo che lui aveva già cambiato agenzia: stupidamente, quindi, chiamai Capicchioni, persona di una professionalità estrema, il quale mi spiegò che Thomas era stato indotto a cambiare agenzia. E da lui appresi che se Thomas avesse firmato con Brindisi, la provvigione sarebbe andata a Capicchioni, mentre se avesse firmato per un’altra squadra, la provvigione sarebbe andata alla nuova agenzia. Ora, di grazia, mi spiegate che interesse avrebbe avuto il nuovo agente di Thomas a suggerirgli di firmare per Brindisi?”.

Ma l’offerta che avanzaste al giocatore era superiore ai 180.000 dollari?

“Assolutamente sì, ma Avellino propose una cifra improponibile per noi. E comunque, a parità di offerta, il nuovo agente avrebbe sempre preferito Avellino per i motivi di cui sopra”.

Però a Diawara avete offerto una cifra maggiore rispetto a Thomas…

“Sì, vero, ma solo perché oramai avevamo capito che Thomas non sarebbe rimasto a Brindisi”.

Tornando poi alla presunta mancanza di professionalità del management, l’ex D.g. spiega che nel primo anno di Legadue si cercò di dare un taglio più professionale all’assetto dirigenziale, ma le cose non andarono come sperato: “Il primo anno di Legadue Perdichizzi mi consigliò di prendere Santi Puglisi, e così feci. Quell’anno, infatti, io mi occupai solo dell’aspetto contabile; non svolsi alcuna trattativa. Apro un’altra parentesi: io ho sempre preso i giocatori che mi indicava l’allenatore. Le uniche eccezioni che sollevavo riguardavano il lato economico”.

Quell’anno ricordiamo gli arrivi in corsa di Tutt, Gioulekas, Binetti, Lestini…

“E chi li ha presi? Quell’anno io mi feci da parte e lasciai fare a Puglisi. L’anno successivo, però, a seguito della ‘crocifissione’ per certi versi ingenerosa di Puglisi per le scelte di mercato effettuate – tra le quali quella di Tutt, comunque suggeritogli da Perdichizzi -, Ferrarese decise di riaffidarmi il comando delle operazioni di mercato. Puglisi, in fondo, era l’esecutore degli ordini di Perdichizzi: allora, esecutore per esecutore, Ferrarese pensò che avrei potuto continuare a svolgere io quel ruolo, dato che sono necessari solo buon senso e conoscenza della lingua inglese. Faccio inoltre presente che io, in 7 anni, non ho percepito una lira”.

E veniamo alla stagione 2010-2011, quella del ritorno in Serie A…

“Il grosso problema fu quello di trovare giocatori italiani: Pugi e Gallea non erano certamente il frutto di nostre volontà ma erano una necessità, perché giocatori italiani disposti a venire non ce n’erano. O meglio, quelli disponibili costavano quanto due giocatori americani messi assieme”.

Ma avevate il budget più basso della Lega?

“No, era rapportato all’obiettivo della salvezza. Prendemmo Williams che poi fu mandato via per motivi extracestistici e soprattutto arrivò Monroe, il quale non era assolutamente rotto, ma al contrario si fece male nel corso della prima giornata di allenamento, quando Maresca, cadendo, andò ad impattare con la sua testa sul ginocchio interno dello stesso; il massimo della sfortuna. Non mi sembrava vero di essere riuscito a prendere un giocatore top come lui, e questo fu possibile perché avevo un ottimo rapporto con procuratori quali Capicchioni, Comellini, Ferracini. Eravamo ritenuti una società affidabile.

Il budget quell’anno era di 4 milioni di euro: adesso si potrebbe vincere lo scudetto con quella cifra, ma all’epoca posso assicurare che era un budget da salvezza. Tra l’altro Perdichizzi mi accusava di aver preso Giovacchini al posto di Spinelli, ma posso assicurare che quest’ultimo non sarebbe mai venuto perché non poteva muoversi”.

Quell’anno arrivò in corsa anche Mo Taylor…

“Fu preso come ultima spiaggia e di certo non fu voluto da me: avvisai la società che aveva il ginocchio rotto, ma qualcuno disse che costava poco (100.000 dollari). Posso comunque capire la disperazione dei dirigenti in quel momento, che volevano provare a fare qualcosa per salvarci. Come profetizzato da me, però, Taylor fece un allenamento alla grande convincendo tutti e poi si spense”.

Corso oramai segue la New Basket da casa: troppo forte ancora il rammarico e la rabbia per l’epilogo. Questo, però, non ha scalfito la sua passione per la palla a spicchi e per la New Basket: “Non vengo più al palazzetto perché non voglio vedere tanta gente che mi ha accoltellato, però resto un appassionato e sostengo che il patrimonio della Serie A deve assolutamente essere conservato. Certo, con il disimpegno di Enel diventa molto più dura, e per questo faccio i complimenti a chi si sta impegnando per portare avanti la società. La realtà economica di Brindisi, purtroppo, non è proporzionata alla massima serie: il Presidente Marino ed i soci stanno davvero facendo i salti mortali”.

Andrea Pezzuto

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