ANPI: “Riteniamo opportuno e necessario cambiare nome alla Fontana dell’Impero”

Sulla fontana cosiddetta dell’Impero

L’ANPI avverte il bisogno di fare chiarezza sulle vicende legate alla passata inaugurazione della restaurata cosiddetta fontana dell’Impero del giorno 16 ottobre. Di certo non aiuta l’attuale dibattito sui social media al solito polarizzato e sovente fuori tema con tanto di accuse di “iconoclastia” non emersa nelle discussioni. Intanto all’ANPI la cerimonia è parsa quantomeno scarna, priva come era di una esposizione storica che contestualizzasse l’opera con il periodo in cui è stata realizzata. Questo aspetto importante andava necessariamente spiegato.

Senza spiegazione, il rischio che si corre è l’esaltazione di una realizzazione architettonica, un  retorico monumento fatto in funzione di una propaganda coloniale e guerrafondaia monarchico-fascista, di un “impero” sconfitto dalla storia, dagli alleati e dalla lotta partigiana. L’opera è  in contrasto con la Costituzione e con i valori di libertà, di democrazia e dell’antifascismo che la Repubblica rappresenta. Non ha aiutato l’infelice scelta della data del 16 ottobre, sicuramente non voluta, coincidente con il rastrellamento e la deportazione nel 1943 di 1.252 ebrei romani nel ghetto da parte dei tedeschi.

Andrebbe spiegato che l’area della cosiddetta “fontana dell’Impero” e il sottostante piazzale Lenio Flacco sono stati ricavati dallo spazio ottenuto con lo “sventramento” e demolizione di due terzi del quartiere popolare delle Sciabiche, in prevalenza abitato da pescatori e marinai. Le Sciabiche, assieme all’altro rione contiguo, San Pietro degli Schiavoni, nella logica del piano regolatore fascista  del 1936/37,  prevedeva lo spostamento verso le periferie delle popolazioni di lavoratori, con il duplice effetto: la rendita urbana ricavava ampi profitti per la  costruzioni di edifici dalle aree liberate e si rendeva libero il centro cittadino dai residenti delle classi subalterne considerate con diffidenza potenziali oppositori del regime.

L’anno 1940, lo stesso in cui  fu terminata la fontana, è lo stesso della sciagurata entrata in guerra dell’Italia (il 10 giugno), evento che tanti lutti e distruzione provocò agli italiani. Non a caso, per un tragico paradosso, la cosiddetta “fontana dell’Impero” conteneva un rifugio antiaereo. L’opera, immaginata per le oceaniche adunate sul Seno di Ponente, cedeva il passo al più importante rifugio contro le tante incursioni aeree  che i brindisini subirono tra il 1940 e il 1943 con decine di bombardamenti che seminarono distruzione e centinaia di morti e feriti.

Guerra che si concluse, nella sua prima fase, con un difficile armistizio ed un successivo trattato di pace molto restrittivo. L’“l’amaro calice”, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, che costò all’Italia la revisione dei confini con la divisione in due zone di Trieste e il passaggio dell’Istria alla Jugoslavia, la cessione ai francesi di zone delle Alpi marittime, la rinuncia ai possedimenti territoriali in Albania, Libia, Eritrea e nel Dodecaneso, mantenendo soltanto l’amministrazione fiduciaria della Somalia per un decennio. Furono imposti all’Italia 360 milioni di dollari in risarcimenti  per danni di guerra, oltre che una drastica riduzione militare dell’Aviazione e della Marina.

Il 1940 è l’anno dell’inizio dell’aggressione alla Grecia (tra pochi giorni ricorre l’ottantesimo anniversario). I nostri rapporti con l’altra sponda del mare, per fortuna, sono radicalmente mutati e la relazione tra la città di Brindisi e la Grecia è di fraterna amicizia. Insieme fanno parte di una Europa Unita. E che dire dell’Albania, con cui siamo legati da interessanti relazioni tra nazioni amiche che partono dall’accoglienza dei cittadini brindisini iniziata nel 1991? Con queste cose “l’impero” c’entra poco o nulla.

Ci si chiede come possa ancora persistere la denominazione  “fontana dell’Impero” nella Brindisi attuale che dal suo magnifico porto guarda ai popoli dell’Adriatico, del Mediterraneo, del mondo, aspirando alla pace, alla concordia  e agli interscambi.

L’ANPI crede che un passo utile sia quello di trovare una denominazione più consona e adeguata all’opera architettonica ai tempi in cui viviamo. Siamo convinti che si possa trovare assieme ai cittadini in un vero spirito democratico e antifascista e invitiamo l’Amministrazione locale a farsi promotrice di questa necessità.

Donato Peccerillo

Presidente del Comitato provinciale ANPI Brindisi

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5 COMMENTI

  1. Quanti veri partigiani viventi raccoglie ancora l’anpi?
    Farebbero bene ad evitare ulteriori inutili discussioni e prendere coscienza della loro assoluta irrilevanza in ogni senso,prendendo atto, a 70 anni dalla fine della guerra che la stessa fu vinta esclusivamente dagli Alleati.

  2. Non si può cambiare la storia anche quando non ci piace. Quella che qualcuno ha definito cerimonia in pompamagna non è stato altro che il ripristinare un monumento da troppo tempo in condizioni di degrado così come si sta facendo per la fontana delle ancore e come è stato fatto anni addietro per il monumento al Marinaio, tutte opere risalenti al cosiddetto “ventennio fascista”. Può anche non piacere ma non possiamo distruggere o cambiare nome solo perché fanno riferimento ad un periodo storico. Bisogna prenderla per quella che è, una fontana che ha ripreso a zampillare.

  3. Tu sei fuori di testa .cambiare la storia é cancellare ciò che stato..questo è il più meschino folle ragionamento del peggior ignorante. La fontana non si tocca.

  4. E che facciamo ora, cambiamo nome anche al Monumento al Marinaio D’Italia perché qualcuno è turbato dal ricordo del periodo fascista in cui è stato realizzato? La Storia rimane Storia e non si può cancellare cambiando nome o demolendo un monumento storico!

  5. Ma non hanno niente da fare questi invece di essere contenti per il ripristino di questo bellissimo monumento per troppo tempo trascurato vanno pensando a un passato remoto