Se c’è un libro con il quale tutti ci siamo prima o dopo confrontati, quello è Diario di Anne Frank, il racconto pieno di vita della ragazzina tredicenne a partire dall’estate del 1942, quando – il 12 giugno – riceveva dal padre un diario per il suo compleanno e la spensieratezza dell’adolescenza poteva ancora avere la meglio sui tempi cupi della Storia, che di lì a poco non avrebbe lasciato spiragli. In libreria è da poco uscito per Einaudi un bellissimo graphic novel che riprende il Diario e ne conserva la forza e la qualità di opera che da settant’anni mostra una prospettiva intima sul genocidio nazista e avviluppa il lettore nelle spire del cuore dolcemente enigmatico e confuso, ma al tempo stesso singolarmente saggio, di colei che scrive e ce ne fa inconsapevolmente dono.

Anne Frank – Diario, di Ari Folman e David Polonsky, non a caso è il primo adattamento grafico dell’opera originale ad essere stato autorizzato dalla fondazione intitolata ad Anne Frank e fondata a Basilea nel 1963 da suo padre. Solo a torto potrebbe obiettarsi che la riduzione in graphic novel mal si concili con la portata tragica di quello che viene raccontato: le pagine non faticano ad imporre agli occhi sequenze da cui emergono colori e opacità, in bilico tra l’ironia delle notazioni adolescenziali e la gravità delle disperate prese di coscienza, tra i dolci accenni di gioia e l’aspra critica del mondo – visibile solo attraverso le pieghe di tende scure ben tirate – e del microcosmo familiare asfittico, costretto, e pur sempre grato, di sopravvivere nel silenzio dell’«Alloggio segreto» al 263 di Prinsengracht, ad Amsterdam. Oggi possiamo continuare a scoprire qualcosa di quella ragazza: ne viene fuori una figura delicata che coltiva la sua interiorità in modo sorprendentemente maturo, che sogna fino all’irriverenza, che a dispetto di tutto è innamorata, che presta alla vita mille facce buffe mentre sperimenta la solitudine, la rabbia e l’onestà delle emozioni.

Diana A. Politano

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