Amara terra “nostra” – di Davide Gigliola

Non può passare solo come una notizia di cronaca la morte di un migrante sotto il sole della nostra terra. Non può esserlo perché è morto un giovane e un lavoratore. Una notizia che non può nemmeno essere archiviata con un leggero (anche se non scontato) sospiro di impotente dispiacere. Sappiamo poco di lui, non conosciamo la sua voce e fatichiamo a distinguere il suo viso, tanto simile eppure unico rispetto a quello degli altri. Sappiamo solo che si chiamava Camara e veniva dal lontano Mali e che è morto sfinito dal lavoro contadino sotto un sole estemo. Di fronte al dramma e all’ingiustizia di una morte assurda, da umani, siamo chiamati a fare un analisi più profonda che coinvolga tutti noi. Noi, che spudoratamente ci riteniamo superiori… Venti di odio razziale, spesso travestiti da borghese (…e cristiano) perbenismo, stanno prendendo forza, alimentati e sostenuti da una certa politica becera e ignorante. Noi, che ci lasciamo inquinare con estrema facilità mente e cuore da quei miseri (loro si che lo sono!) politichini e tuttologi televisivi, che sfruttano la ormai evidente rabbia dei più (non più sopita…) e la dilagante ignoranza del “popolino”. Noi che siamo diventati cosi bravi a ritenere il “forestiero” o il “diverso” pericoloso e ladro, senza riuscire a distinguere il fenomeno dalla persona. Camara stava lavorando la nostra feconda e amara terra, quella terra che ha dato tanto ai nostri nonni e genitori e che ora rischierebbe di essere abbandonata se non ci fossero anche questi ragazzi venuti da lontano per lavorarla. Si, perché dobbiamo essere onesti, nel dire che i giovani (certamente anche per uno stile di vita ostentanto da “personaggi” sui social e in televisione) hanno poca voglia di spendere le loro forze per e sulla terra. Sarà anche una legittima aspirazione quella di desiderare altro per la vita, ma questo non può far dimenticare che alcuni lavori ritenuti “umili” sono necessari e fondamentali per la sussistenza dell’economia. Questo ragazzo quindi, lavorava la nostra terra e potremmo dire che lavorava per noi. La terra che abbiamo dimenticato di apprezzare e rispettare come Madre e che imperterriti continuano a maltrattare in mille modi, ritenendoci innocenti di fronte ai tanti scempi che ne sfigurano la naturale bellezza. Tra le conseguenze di questa trascuratezza verso la terra, la scienza ci dice che il riscaldamento globale né è la prova più evidente. In questo caldo, che per noi richiama l’innata voglia di mare e la banale discussione e lamentela quotidiana, Camara ha trovato invece la morte. Sfinito dal lavoro, in condizioni cosi disumane, è stato “cotto” da quel sole non più amico. È morto da solo in una strada straniera, in una terra forse non cosi ospitale come immaginava. È morto dove noi non osiamo affacciarci per paura della fatica, per ripugnanza dell’ingiusto salario. Dovremmo chiedere perdono a questo nostro fratello, morto su questa nostra terra e per questa nostra terra. Perdono per non essere stati attenti alla sua “sete” di dignità e accoglienza. Perdono se non lo abbiamo riconosciuto semplicemente fratello tra fratelli. Chissà se la tua morte, Camara, potrà servire a riconsiderare la nostra vita che invece continua, tra ipocrite comodità e utopici sogni. Chissà se la tua morte ridesterà il torpore di chi sfutta impunito la poverta’ e annienta i desideri di un futuro migliore. Vorremo riparare a tanto male e tanta grettezza non solo con una giustizia che nel nostro paese, che si vanta di dirsi democratico, fatica realmente ad essere giusta, ma con un cambio reale di rotta. Se giustizia ti sarà resa, non potrà bastare, se dopo di te altri verrano visti con occhi iniettati di odio e pregiudizio, unicamente per il colore della pelle e sfruttati per un guadagno facile. Queste parole per quanto tardive, fratello sconosciuto e amato, siano quel gesto di pietà che questa terra non è riuscita a darti. Riposa in pace, finalmente affrancato dalla fatica di una vita ingiusta, nella patria senza confini da una rinnovata umanità. Sulla terra “nostra” nasca un fiore a ricordo perpetuo del tuo nome, della tua storia e della tua giovane vita spezzata, per ricordarci di restare umani nell’atlante della vera fraternità che ancora vogliamo costruire. Anche per te. Davide Gigliola

 

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1 COMMENTO

  1. Grazie Davide, Camara meritava queste parole. Spero che la riflessione che hai espresso con la passione che ti contraddistingue serva affinché ci siano più occhi aperti, sguardi attenti, coscienze sveglie, cuori di carne… e queste intollerabili tragedie non siano più tollerate….