BRINDISI – L’appena concluso referendum costituzionale ci ha lasciato in eredità dubbi amletici su chi occuperà quella ‘tanto ambita’ poltrona di Palazzo Chigi.

Senza entrare nel merito della consultazione, probabilmente il grossolano errore l’ha commesso lo stesso Matteo Renzi per aver ‘personalizzato’ la scelta referendaria e per aver messo gli italiani di fronte ad un aut aut: “se votate Sì, resto; se votate No, vado a casa”.

Che sia un bene o un male il fatto che l’oramai ex premier abbia rassegnato le proprie dimissioni non spetta a noi dirlo. Sarà, invece, interessante capire chi sarà il futuro Presidente del Consiglio.

Il toto-premier sarà sicuramente il sondaggio più interessante da qui a fine elezioni che potrebbero essere o a giugno prossimo, o nel 2018 (fine legislatura) o, addirittura, nel febbraio 2017. La posta in gioco, come in ogni elezione, è altissima. Ma anche questa volta vincerà il ‘banco’?

Intanto, la domanda è lecita, se ci si basa sui numeri: Renzi ha davvero perso? Non ne è convinto affatto il critico ed ex parlamentare Vittorio Sgarbi, il quale, subito dopo il risultato referendario, a margine di una mostra a Napoli, ha dichiarato: “Mi fa piacere che Renzi abbia vinto. La avevo già detto prima: se uno perde sopra il 40%, e questo è accaduto, bene o male è uno che ha vinto da solo. Gli altri erano tutti  insieme. Lui sarà sempre in partita, avendo più voti degli altri. Nella notte ci siamo scritti e gli ho detto ‘Guarda hai perso, ma non è una sconfitta vera. Renzi riparte da un sì molto omogeneo tale da tenerlo in partita”. I voti a favore del ‘Sì’ e, quindi, del Premier, sono stati, infatti, 13 milioni e 432mila. Tanta roba comunque.

Ma adesso le carte in tavola dovranno comunque cambiare. Una svolta è necessaria. Una cosa è certa: gli italiani sono stanchi e lo saranno ancor di più dell’ennesima campagna elettorale che si profila all’orizzonte. Adesso la palla è nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale deciderà se: cercare una maggioranza politica per portare il Paese al voto alla fine della legislatura, ossia nel 2018; puntare su un governo tecnico (magari guidato dall’attuale ministro dell’economia Padoan, braccio destro di Renzi o affidare l’incarico a Grasso); optare o meno per un governo di scopo, il cui obiettivo principale sarebbe quello di portare a casa la riforma elettorale.

Lo scenario che si potrebbe palesare più concretamente, che voci vicine al Quirinale danno per certo, è quello che porta ad un governo politico. Cioè, un governo ancora del PD (che ha la maggioranza alla Camera), ma guidato da chi? Una decisione che cozzerebbe con l’essenza della democrazia, poichè il popolo si vedrebbe capeggiato, come già successo con Renzi, da chi non ha scelto direttamente.

Difficile, invece, che il Presidente dia ascolto al centrodestra che vorrebbe le elezioni subito. Ipotesi che, comunque, parrebbe alquanto democratica. Gli italiani, così, potrebbero scegliere da chi essere governati.

Ad ogni modo, chi si assumerà la responsabilità di candidarsi per governare dopo l’esperienza del Governo Renzi? Un governo durato poco più di mille giorni, seguito alle ennesime dimissioni del suo capo, da ultimo Letta. Anche se – va detto – il Governo Renzi è rimasto immutato per tutta la sua durata: il quarto più longevo di sempre.

Quasi certamente, ci sarà ancora lui. Silvio Berlusconi. L’uomo che, come nessuno mai, riesce a dividere l’Italia. Da una parte, chi lo sostiene sempre e comunque fermamente, dall’altra coloro che lo vorrebbero vedere alla gogna.

Aleggia anche l’ombra di Massimo D’Alema, già Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1998 al 2000. Una figura nota ai più, ma rimasta apparentemente ai margini della politica degli ultimi anni.

Da Matteo Renzi a Matteo Salvini. In comune solo il nome e niente più. Non è un mistero che il leghista ambisca alla presidenza del Consiglio. Un uomo sicuramente estremista per certi versi, ma con una idea ben precisa in cui collocare l’Italia. “Una Italia che non dovrà ‘scappellarsi’ dinanzi all’Europa”, ha sempre detto.

Anche i grillini vogliono le elezioni anticipate e lo dicono a caratteri cubitali, attraverso il loro leader Beppe Grillo. Ma non sarebbe lui, salvo ribaltamenti, a ricoprire il ruolo di premier, bensì Alessandro Di Battista o Luigi Di Maio. Ma una classe politica ‘fresca’, senza esperienze di Palazzo, sarà in grado di amministrare una Nazione come l’Italia? La giunta Raggi di Roma potrà darci indicazioni in tal senso.

Una cosa non cambierà, per gli italiani, almeno per ora: l’abitudine ad alzarsi la mattina, a faticare e non avere la certezza di arrivare a fine mese; questo, sempre che abbia un lavoro.

Tommaso Lamarina
Redazione

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