“Ora pure l’agrofotovoltaico viene bocciato dagli uffici regionali, nonostante si tratti di un progetto promosso dall’Università di Bari. Prima no al nucleare, proponendo l’alternativa delle rinnovabili. Poi no alle rinnovabili a terra, proponendo l’alternativa a mare. E ancora no all’eolico offshore proponendo l’agrofotovoltaico. Infine no all’agrofotovoltaico senza però avanzare alternative; forse per vergogna di dover proporre il ritorno alle candele? Sentirò in Commissione la facoltà di Agraria dell’Università di Bari, protagonista del contratto di ricerca bocciato, e gli assessori all’Agricoltura e allo Sviluppo economico”.
Lo dichiara il presidente della Commissione Bilancio e programmazione Fabiano Amati.
“La vicenda ha dell’assurdo: Santeramo, un progetto innovativo di studio e ricerca, un progetto di agrofotovoltaico in contesti di coltivazione di mandorle, olive e nocciole. Complessivamente 23 ettari, individuati in un’area pianeggiante abbandonata, arricchita di piste ciclabili, piste pedonali e punti ristoro per la valorizzazione dell’intera area. Inoltre nella parte immediatamente visibile dalla strada e prospiciente la masseria rurale, nessun pannello fotovoltaico e una ricca piantumazione di alberi di lentisco in grado di raggiungere i tre metri di altezza. La rete di protezione del parco (è un progetto realizzato dalla facoltà di Agraria, quindi pensano proprio a tutto) avrebbe avuto una distanza dal terreno di 30 centimetri per consentire l’agevole passaggio della fauna selvatica. Nel dettaglio, il 66 per cento del suolo sarebbe stato utilizzato per l’agricoltura e il 34 per l’impianto fotovoltaico. L’impianto di potenza pari a 11,184 MW, avrebbe prodotto energia elettrica per 19 GWh/anno. Non solo. Il progetto prevedeva la sperimentazione del cosiddetto modulo DESSERT per il riutilizzo delle acque reflue. Insomma, sapete su cosa si è basato il parere tecnico negativo del Comitato VIA, che a rigore avrebbe dovuto essere fondato su elementi meramente ambientali? Su fatti economici associati ai valori ambientali, cioè sulla scia del miglior ecologismo ideologico, che più o meno prende le mosse dall’editto di Chico Mendes: ‘L’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio’.
Si legge nel parere infatti che verrebbero stravolti i caratteri identitari e paesaggistici ‘deruralizzando, alterando e compromettendo le componenti e le relazioni funzionali, storiche, visive, culturali, simboliche ed ecologiche che caratterizzano la struttura paesaggistica della figura territoriale’ (e già sin qui ci vuole un gran fiato per leggere e capire, soprattutto in un’area abbandonata), con un progetto ‘non ammissibile’ e per ragioni estranee alla tutela ambientale ma afferenti all’economia, ovvero a una specifica ideologia economica: ‘di grandi dimensioni, di durata di un quarto di secolo e senza garanzia alcuna di riuscita’.
La facoltà di Agraria dell’Università di Bari inoltre, e secondo il parere ambientale che ambientale non è, non avrebbe considerato ‘la possibilità di fallimento della consociazione impianto fotovoltaico/mandorleto, (…) negando così il principio base della sperimentazione’. È stato scritto proprio così. E ancora: ‘La coltura del mandorlo può fallire anche per semplice difficoltà nell’esecuzione delle ordinarie e necessarie operazioni colturali, la cui eventualità non è minimamente presa in considerazione’. Detto ai docenti della Facoltà di Agraria sembra proprio uno sfottò.
Non possiamo più permetterci di continuare a perdere occasioni. Per questo convocherò in Commissione tutti i protagonisti di questa vicenda, per comprendere in che modo s’intende galoppare nel mondo della transizione ecologica”.