BRINDISI – Sentite questa storia: a Licata, nel 2015, viene eletto un Sindaco di appena 34 anni che si mette in testa di eseguire le ordinanze di abbattimento delle 160 villette abusive insistenti sul litorale. Il suo operato, però, è stato interrotto alla 67^ costruzione abbattuta: prima le numerose minacce personali, poi la mozione di sfiducia della sua maggioranza, lo hanno infatti costretto a desistere dalla sua coraggiosa crociata. E sulla litoranea nord di Brindisi com’è la situazione?
Le precedenti Amministrazioni avevano optato per la seguente linea: abbattimento di tutte le opere abusive ricadenti sul lato mare e condono per tutte quelle che si trovano sull’altro lato della strada, anche se rientrano entro i 300 metri dal mare.
Negli uffici comunali le ordinanze di abbattimento si sprecano, ma nessuna di queste ha trovato esecuzione. Colpa della carenza di risorse finanziarie e della “strafottenza” della Regione, dicono in coro da Palazzo di Città. In realtà, la questione si presenta complessa: la Regione può concedere finanziamenti solo per l’abbattimento ed il ripristino dei luoghi ricadenti su aree demaniali, quindi pubbliche; ciò avvenne ad esempio per il caso Sbitri, allorquando la Regione co-finanziò l’intervento.
Le opere abusive, tuttavia, non ricadono tutte sul demanio: tante ordinanze di abbattimento riguarderebbero manufatti insistenti su terreni privati. L’inghiottimento della linea demaniale ad opera del mare, infatti, comporta che anche alcune villette situate sul lato mare ricadano su terreni privati invece che sul demanio pubblico. Bene, in questi casi la Regione non può intervenire: competono esclusivamente al Comune, pertanto, il reperimento delle risorse e l’esecuzione dell’abbattimento dei manufatti; il tutto agendo in danno del proprietario. Ma dal Comune affermano di non avere risorse a sufficienza per anticipare i costi delle operazioni di abbattimento. Che fare dunque? Non si sa. Di certo lo spostamento della linea demaniale risolverebbe tanti problemi, ma negli scorsi anni il Comune, invece di compulsare assieme alla Capitaneria di Porto il Ministero affinché provveda all’arretramento della dividente, ha scelto di demandare al Piano Urbanistico Generale la risoluzione della problematica; tramite il predetto strumento, infatti, si vorrebbe trasformare la destinazione dei terreni agricoli prospicienti gli arenili. Questa operazione permetterebbe ai proprietari di ritrovarsi tra le mani terreni certamente più remunerativi. Di converso, se si optasse per l’arretramento della linea demaniale giustificata da finalità di pubblico interesse, i proprietari sarebbero soggetti ad espropri.
Il rischio è insomma quello che il Piano della Costa possa risultare uno strumento spuntato se non supportato da una gestione oculata della macchina amministrativa.
Se la reggenza commissariale si volesse occupare anche del Pug e delle tematiche che vi ruotano attorno, ci sentiremmo più tranquilli, ma appare ampiamente comprensibile la scelta del Commissario Giuffrè di demandare alla politica atti di indirizzo così vincolanti per lo sviluppo del territorio. Ahinoi.
Andrea Pezzuto Redazione |