BRINDISI – “Abbattiamo i muri di questa città”: così recitava lo spot elettorale dell’ex Sindaco Mimmo Consales, riferendosi a quelli che cingono alcuni parchi cittadini, o che impediscono l’accesso nella zona adiacente il Monumento al marinaio d’Italia (detta “deposito catene”, il cui progetto sembra essersi volatilizzato) o nella zona di Porta Thaon de Revel. L’ex sindaco, purtroppo, ha fallito l’obiettivo, non essendo riuscito a smuovere nemmeno una pietra. In queste settimane, però, alcuni cittadini sembrano aver preso a cuore l’iniziativa lanciata da Consales e stanno provvedendo a smantellare, mattone dopo mattone, la cinta muraria che costeggia l’ingresso principale del parco Cesare Braico.

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Vi è da dire che proprio su tale parco esisteva un progetto della passata amministrazione consistente nell’abbattimento di tutta la cinta muraria perimetrale e nella riqualificazione delle aree interne, potenziandone l’illuminazione ed intervenendo sulle situazioni di degrado che oramai imperversano in ogni punto del polmone verde. Costo del progetto: 1 milione di euro. Fondi da reperire: regionali. Inutile rammentare che tali fondi non sono mai arrivati. Viene da chiedersi, allora, perché, in attesa di recuperare le ingenti somme necessarie per un restyling completo del parco, non si provveda, intanto, ad abbattere quell’obbrobrioso ed inutile muro di berliniana memoria, magari coinvolgendo nelle operazioni successive alla demolizione la comunità locale degli extracomunitari o i lavoratori socialmente utili del posto. Non suoni, questa, come un’incitazione verso forme di schiavismo: deve intendersi, semmai, come uno strumento per l’agevolazione del processo di integrazione sociale, facendo sentire parte integrante della comunità i soggetti emarginati. D’altronde, è stato proprio il responsabile dell’ufficio immigrazione della Caritas italiana, Oliviero Forti, a dirsi favorevole all’impiego dei profughi richiedenti asilo in lavori socialmente utili.

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La proposta, in realtà, partì lo scorso anno dal ministro dell‘interno Angelino Alfano, il quale, con una circolare inviata dal Viminale a tutte le prefetture, invitava a superare l‘”inattività dei migranti” nelle strutture di accoglienza tramite protocolli d‘intesa con gli enti gestori per attività di volontariato “di pubblica utilità”, anche per favorire “maggiori prospettive di integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, scongiurando un clima di contrapposizioni nei loro confronti”.

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La circolare era stata frutto di una esperienza della Caritas di Bergamo che aveva funzionato bene. “I profughi in accoglienza stanno intere giornate inattivi, in attesa della procedura di richiesta asilo. Sono loro stessi a chiederci di rendersi utili – puntualizza Forti -. La circolare del Ministero dell‘interno permette solo a chi vuole, su base volontaria, di prestarsi per opere di volontariato, come accade in altri Paesi e come accaduto in passato quando c‘è stata l‘emergenza neve a Bergamo”.

Nelle strutture di accoglienza in Belgio, ad esempio, c‘è un sistema di riattivazione delle persone, con una lista dei possibili lavori. Gli ospiti si rendono disponibili in cambio di un piccolo contributo. In questo caso, precisa Forti, “non avrebbe per noi nessun costo aggiuntivo: la Caritas o un altro ente fanno un accordo con l‘ente locale per far lavorare gli immigrati, su base volontaria, con una assicurazione. È un vantaggio per tutti”. Secondo Forti “ci sarebbe molta disponibilità da parte degli ospiti: da un lato serve a valorizzare il tempo che perderebbero; poi a calmierare le situazioni di eventuale conflitto interno, perché dopo mesi senza fare niente si creano tensioni; in più hanno un alto valore sociale, perché molti di loro vogliono ripagare la generosità con cui si sentono accolti. Dobbiamo solo permettere loro di farlo”.

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Caritas italiana tempo fa aveva anche paventato l‘ipotesi di forme di autogestione interna, anche se non complete. “Tante attività che adesso vengono appaltate all‘esterno, come le pulizie – spiega Forti -, potrebbero farle gli ospiti. Non possiamo accoglierli e considerarli dei bambini incapaci: sia perché non lo sono, sia perché è ingiusto moralmente”.

Quale migliore occasione, allora, per abbattere i muri di questa città, soprattutto quelli del pregiudizio, fomentati dai venti di odio che soffiano forte sul Mondo Occidentale.

 

Andrea Pezzuto
Redazione

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