8 Marzo. Io non voglio nè le mimose nè le quote rosa

Io non voglio né la mimosa né le quote rosa. E a dirla tutta sono contraria alla festa della donna. Lo sono sempre stata. L’8 marzo si è ridotto, oramai, ad uno sciorinamento di dati sul femminicidio, sulla mancanza delle pari opportunità, sulle mille frustrazioni che – ahimè è vero – le donne sono costrette quotidianamente a subire.

Ma mentre nelle piazze e nei saloni si urla per ribadire le differenze sociali, professionali e di ruolo tra l’uomo e la donna, ci si rende conto che le soluzioni sono ancora lontane dall’essere non solo raggiunte, ma finanche individuate.




E’ evidente che nel nostro Paese ci sono palesi problemi di meritocrazia. Ma consentire (a prescindere) alle donne di raggiungere ruoli apicali equivale a rischiare di ritrovarsi persone inadeguate nel posto sbagliato. Abbiamo diversi esempi in tal senso. Meglio un uomo a questo punto, grazie. Purchè sia ‘capace’. Ogni persona ha il diritto di essere valutata per quello che è, non per il fatto che sia uomo o donna.  Impegniamoci piuttosto a non ridurre il nostro impegno ed il nostro riconoscimento solo alle “feste comandate”, ma pretendiamolo nel quotidiano, senza pensare che ci sia dovuto perchè donne, ma con l’idea di guadagnarcelo con le nostre capacità, un po’ come fanno gli uomini.

Piuttosto,  ammettiamo che spesso chi, fra noi, si nasconde dietro il motivo di genere, non è propriamente un modello – professionale ed umano – da seguire e che se possiamo mettere i bastoni fra le ruote a un uomo piuttosto che a una donna, scegliamo molto volentieri la seconda. Non tutte, attenzione. Ma finchè questo accadrà…di cosa ci lamentiamo?

Io, dal canto mio, mi accontenterei di una città e di un Paese che funzioni e con una mentalità diversa. Da parte degli uomini e delle donne.

Ad ogni modo…AUGURI!




Pamela Spinelli
Direttore responsabile

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