BRINDISI – Mentre a Brindisi i piccoli commercianti si ritrovano a lottare ogni giorno per sopravvivere e per fronteggiare una crisi drammatica che sembra non aver fine, dall’altra parte si continua ad autorizzare l’apertura di nuovi centri commerciali. E’ accaduto con la Lidl di via Appia e sta succedendo di nuovo con il Brin Park – che aprirà i battenti il 30 marzo prossimo – e con il Conad di via Dalmazia, in via di realizzazione.

Eppure, spulciando sul sito del Comune di Brindisi e leggendo il Piano del Commercio (approvato con delibera n. 66 di Consiglio comunale del 6 agosto 2013) che disciplina proprio la possibilità di realizzare nuove medie strutture di vendita, nel settore alimentare e misto, e nuove medie strutture nel settore ‘no food’, emerge un dato importante; e, cioè, che “il calcolo delle superfici di medie strutture di vendita di tipo alimentare misto eventualmente attivabili nel territorio del Comune di Brindisi, anche con riferimento al più ampio bacino commerciale del circondario, restituisce una impossibilità assoluta di nuovi insediamenti di questo tipo”.

Non solo. Continuando alla pagina 88 del Piano del Commercio, si legge che “il dato che emerge non risulta particolarmente sorprendente, giacchè già in sede di valutazione della consistenza commerciale era apparso chiaro che la concentrazione di medie strutture di vendita del tipo alimentare e misto, risultava piuttosto ipertrofica, sia in riferimento alla dotazione di servizio per i consumatori che in riferimento all’indice di equilibrio commerciale tra medie strutture di vendita ed esercizi di vicinato di tipo alimentare e misto”.




Da questa analisi – come si legge sempre nel Piano – il Consiglio comunale aveva sancito di “non procedere ad autorizzazioni di nuovi insediamenti di medie strutture di tipo alimentare e misto di tipo M2 ed M3”.

Oltre a questa prescrizione, il Piano del Commercio (alla pagina 89 – “criteri per l’insediamento di nuove strutture di vendita”) diceva chiaramente che “nuove medie strutture di vendita potranno essere insediate se l’impatto della struttura sul territorio fosse stato considerato sostenibile”.

Nelle pagine successive del Piano del Commercio, vengono elencati tutti i parametri – con relativi punteggi – per poter considerare l’intervento commerciale sostenibile e, quindi, autorizzabile, con un punteggio minimo di 60 punti sui 100 complessivamente disponibili (“Il possesso dei requisiti oggetto della valutazione qualitativa dovrà essere attestato a mezzo di dichiarazione giurata di un tecnico abilitato che dovrà essere allegata all’istanza di concessione della autorizzazione di che trattasi, e potrà essere oggetto di verifica”).

La domanda sorge spontanea: atteso che il Piano del Commercio escludeva categoricamente la possibilità di procedere con nuove aperture perché il mercato era già saturo, come ha fatto la Lidl ad aprire? Quale è l’iter che ha seguito? Come ha fatto l’azienda ad avere una autorizzazione M2, se il Consiglio comunale prevedeva di non procedere con nuove autorizzazioni di tipo M2 ed M3? E l’istruttoria per l’acquisizione dei punteggi necessari è stata espletata? E se sì, come?

In realtà, la Lidl stava già subendo pesanti attacchi giornalistici, sebbene in relazione alla questione delle assunzioni. E questa circostanza non ha fatto altro che accendere i riflettori sull’azienda e sulle modalità che ne hanno determinato l’apertura. Sono mesi che più di qualcuno ha chiesto informazioni, ufficiali e non.

E che cosa è emerso? È venuto fuori che Lidl ha presentato la prima richiesta di autorizzazione per 600 metri quadrati (come M1) in data 22-07-2015 e l’ha ottenuta l’11-04-2016.

Successivamente, l’azienda ha richiesto autorizzazione in data 24-08-2016, con richiesta di accorpare due esercizi di vicinato, unendo, cioè, due SCIA da 250 metri quadrati alla precedente autorizzazione. Di fatto, eludendo la legge e diventando per ‘magia’ un M2. Un po’ come dire che se un giorno mi alzo e voglio aprire una media struttura da 2500 metri quadrati (ovvero un M3), potrei protocollare 10 SCIA da 250 metri quadrati e metterle tutte insieme!

E’ evidente che questo non è assolutamente consentito per legge. E’ un po’ come è accaduto in passato con il fotovoltaico, dove c’erano imprenditori, poi finiti sotto processo ed arrestati che, per aprire un campo fotovoltaico da 10 mega Watt ed eludere la legge che prevedeva la VIA (valutazione impatto ambientale), oltre a tutta una procedura normativa, producevano 10 SCIA o DIA diverse su uno stesso terreno, spezzettato in 10 particelle da un mega ciascuno.

A questo punto, è necessario che l’Amministrazione faccia chiarezza intanto sulla Lidl, perché non sappiamo come si è proceduto per Conad e per Brin Park (anche se in questo caso sembra tutto regolare, ndr). Lo deve soprattutto a quei piccoli esercenti sempre più sbeffeggiati, ai quali, in questo periodo, viene anche chiesto di tenere alzate le saracinesche in concomitanza con l’arrivo delle navi da crociera.




Pamela Spinelli
Direttore responsabile

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