“La vita davanti a sé” di Romain Gary

Romain Gary è stato uno scrittore di lingua francese che ha fatto della sua stessa vita l’opera più sorprendente: se già le sue origini lo pongono al centro di un tumultuoso crocevia tra oriente e occidente, nel corso degli anni non smentirà l’indole avventuriera, diventando eroe di guerra, cineasta, viaggiatore, diplomatico, amante di donne bellissime e vincitore del premio Goncourt nel 1956 con Le radici del cielo. È del 1975 La vita davanti a sé, il romanzo (edito in Italia da Neri Pozza) apparso con lo pseudonimo di Émil Ajar, l’alter ego cui affida il compito di disorientare, e infine sorprendere, il mondo letterario francese, così in preda alla noia e ottusamente fermo su un’idea poco lusinghiera del suo lavoro.

Un gioco da prestidigitatore che verrà scoperto soltanto dopo la sua morte (e a cinque anni dal conferimento ad Ajar di un nuovo Goncourt – premio che non può essere attribuito ad uno scrittore più di una volta), quando ormai molti lettori saranno entrati nel mondo pieno di grazia di Momò, il cui sguardo innocente attraversa le dolorose esperienze di una vita segnata dalla mancanza – oltre che di una madre e di un padre – anche di qualunque certezza sulle proprie origini e sul proprio destino. Eppure l’amore c’è, e lo si trova negli imprevedibili compagni di viaggio che affollano la multietnica banlieu parigina di Belleville. Tra prostitute dal cuore grande, mezzani analfabeti, saggi venditori di tappeti e mangiatori di fuoco dall’animo gentile, Momò e Madame Rose, la donna che lo accudisce, sperimentano sulla loro pelle che – se pure «la felicità è nota per la sua scarsità», ed «è una bella schifezza e una carogna e bisognerebbe insegnarle a vivere», tanto le due cose sembrano inconciliabili – rimane sempre intatta la possibilità che «la vita può essere molto bella ma che non è stata ancora veramente scoperta». E che ciò avviene quando si ama qualcuno. Mentre le ragioni per non vivere possono essere tante (e Gary deve esserne stato sopraffatto da una particolarmente dolorosa quando pose fine alla sua esistenza in un freddo pomeriggio dei primi di dicembre, nel 1980), quella per vivere è una sola.

Diana A. Politano

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