L’ultima “bufala” è stata fatale: l’arcano è stato svelato quando la Presidente della Camera Laura Boldrini ha finalmente risposto all’ultima “fake news”, che indicava sua sorella come gestore di ben 340 cooperative di immigrati, precisando che lei – purtroppo – non aveva più sorelle, essendo la sua morta anni fa per una grave malattia.

Non è il primo, grave incidente della “fabbrica delle bufale”. E forse non sarà neanche l’ultimo.

Fatto sta che sarebbe un errore ridurre il fenomeno a pura satira da web.

Siamo in presenza di una macchina nata per sparare bufale in rete facendo leva sui sentimenti più bassi (rabbia, indignazione, contenuti volgari).

Tutto questo per spingere al click e fare soldi con il traffico, attraverso milioni di pagine viste, incuranti di avvelenare in modo incosciente il clima del Paese, approfittando di chi non ha gli strumenti per capire che si tratta di falsi creati ad hoc.




Un’inchiesta giornalistica di qualche mese fa, condotta da Matteo Flora e Arcangelo Rociola per conto di AGI.it, ha smascherato il reticolo di siti e società che tiene insieme questa “fabbrica del fango”.

La chiave per la comprensione del fenomeno sta in alcuni codici di rete che è necessario avere bene in mente: in particolare il codice di AdSense (il programma pubblicitario di Google), e quello di EdinetADV (la società che distribuisce la pubblicità).

In sostanza, tutti i più conosciuti siti di “fake news” (Gazzettadellasera.com; News24Italia.com; Direttanews24; Kontrokultura.it; Teknokultura.it) altro non sono che una serie di scatole cinesi tutte collegate dallo stesso codice AdSense (per identificare i proventi pubblicitari) e tutte facenti capo alla stessa società Edinet, che distribuisce la pubblicità e che quindi incassa i relativi guadagni.

L’aspetto più singolare sta nel fatto che Edinet Ltd. non è una società italiana, ma è registrata in Bulgaria, all’indirizzo Ulitsa Serdika, 22 Oborishte, 1000 Sofia, Bulgaria.

In poche parole, la concessionaria di pubblicità e i domini di bufale sembrano tutti essere correlati ad un’unica grande “famiglia pubblicitaria”, che fa capo all’entità bulgara Edinet Ltd, che a sua volta vanta una serie di “preziosi” contatti italiani.

Ed ancora più singolare è la constatazione che chi ci lavora (cioè chi inventa le bufale) riceva come remunerazione la risibile cifra di euro 1,70 per ogni 1.000 visite riscontrate, cioè appena 17 euro per 10.000 click!

Il fatto incontrovertibile che questi siti vantino milioni di follower – rappresentando di fatto una sorta di volto oscuro della democrazia digitale – pone a tutta la società civile, ma soprattutto al sistema dell’informazione, la necessità di sviluppare una vasta operazione verità con tutti i mezzi necessari, dalla carta stampata al web.

Si pone il problema di un rinascita culturale che parta dalla consapevolezza del singolo per diventare consapevolezza della collettività ed infine adesione e condivisione della necessità di una correttezza dell’informazione.

Sono convinto che tutti debbano dare il loro contributo per creare consapevolezza, per fare in modo che queste “macchine da guerra” che attirano like e retweet con titolo ambigui e falsità siano definitivamente sconfitte.

E questo non rappresenta un problema di etica o moralità: è una questione di civiltà!

www.pinomarchionna.it




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