Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni” è un aforisma, attribuito a Eleanor Roosevelt, che ha in sé una forza rivoluzionaria che si contrappone alla deprimente quotidianità che siamo costretti a vivere.

Il punto critico però è un altro: “Ma noi ce l’abbiamo un futuro?

Messa di fronte all’idea del futuro, la gente si scopre preoccupata ed impaurita, se non proprio incazzata verso le classi dirigenti (non solo politiche), sempre più incapaci di indicare una traiettoria di nuovo sviluppo.

In poche parole, il futuro è inopinatamente passato da valore di speranza a fantasma di paura.

L’organizzazione economica e sociale che abbiamo conosciuto dal dopoguerra a oggi si sta sgretolando sotto i colpi della globalizzazione e la gran parte dei cittadini – privati delle vecchie certezze – brancola nel buio: viviamo un pauroso dramma sociale che accomuna i giovani che non hanno mai lavorato e i meno giovani che hanno perso il proprio lavoro dipendente o la propria attività imprenditoriale.

In questa situazione, è sufficiente la protesta e la rabbia verso le Istituzioni? Oppure è arrivato il momento che ognuno si assuma la propria responsabilità individuale di comprendere che sono mutate le condizioni generali dell’economia mondiale?

Il mondo vive una nuova epoca nella quale la vecchia centralità della fabbrica e della produzione seriale di massa è stata superata, per concentrarsi prevalentemente sulla produzione di beni immateriali consistenti in informazioni, conoscenza, servizi, simboli.

In questa nuova società, che definiremo “dell’informazione”, i ‘contenuti culturali’ svolgono ormai un ruolo cruciale, alimentando investimenti nelle infrastrutture, nei servizi a banda larga, nelle tecnologie digitali, nell’elettronica di consumo e nelle telecomunicazioni, dando vita a quella che è stata definita “economia della conoscenza”, nella quale nei prossimi anni si concentrerà la gran parte dei nuovi posti di lavoro.

In questo nuovo contesto, chi vuole entrare o rientrare nel mondo del lavoro deve investire su se stesso, impegnarsi per essere parte di quel capitale umano ad alta intensità di conoscenza su cui poggia il disegno strategico del nuovo ciclo di sviluppo.

E’ il capitale umano che crea localmente nuova conoscenza, acquisisce ed adatta conoscenze disponibili su scala globale, accresce la capacità di assorbimento e l’uso intelligente della conoscenza. Solo così l’innovazione diventa forza di trascinamento della crescita.

E’ proprio questa la bellezza del nostro sogno di futuro: favorire la costituzione di una massa critica di giovani e non più giovani che si impegnano ad accrescere le loro competenze, identificandosi come “Comunità di Innovatori”, cioè come individui dotati di spirito imprenditoriale e di pensiero lungo e sistemico, nei diversi ruoli che possono ricoprire nella vita professionale.

Da questo potremo ripartire per migliorare le Città, attrezzandole ad attrarre, sostenere e incrementare sui propri territori quelle attività che hanno la loro origine nella creatività, nell’abilità e nel talento, intesi come specifici presupposti della capacità di innovazione continua.

Perché le Città destinate a crescere nel prossimo futuro saranno quelle che riconoscono nella cultura, nella creatività e nell’innovazione una dimensione economica determinante nella creazione di valore aggiunto e di reddito-base per l’intero sistema urbano, valorizzando queste risorse come uno dei ‘driver’ chiave delle Città fondate sull’economia della conoscenza.

Mai come oggi, quindi, l’augurio di un felice anno ricco di sogni realizzati passa dalla nostra volontà di impegnarci e crederci!

www.pinomarchionna.it

 

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