Le prime e storiche disposizioni dettate dai Legislatori, atte a regolamentare il rapporto di lavoro con famigliari, sono finalmente passate sotto i riflettori della Giurisprudenza di Cassazione.

Nel tempo varie sentenze, hanno contribuito pertanto a sopperire ad una carenza legislativa.

Difatti, in passato, non era mai stata fatta chiarezza, sulla certezza o meno dell’esistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro tra familiari.

Oggi è certo un principio: deve sussistere l’indicatore della subordinazione, nel senso che, l’attività di vigilanza dovrà appurare l’esistenza  o meno del potere direttivo, organizzativo da parte del datore di lavoro.

Ovviamente l’attività dovrà tener conto anche di altri elementi, come ad esempio se un familiare sia convivente dello stesso nucleo familiare del datore, dal momento che ciò potrebbe far presumere una gratuita prestazione.

Diversa interpretazione può essere notificato nel caso contrario.

Tuttavia, ci dicono le sentenze, la responsabilità della prova dell’ onerosità della prestazione spetta a chi vuole affermarela natura lucrativa del rapporto e, questa incombenza, risulta ancor più gravosa nel caso in cui il datore di lavoro decidesse di regolarizzare un familiare esso sia convivente o meno.

Diversa situazione per i figli o familiari del settore agricolo.

In tali casi l’INPS ha diramato un messaggio con precisi riferimenti probatori da effettuarsi in sede di accertamento, sebbene il Legislatore – già nel 2003 – avesse fatto intendere la non congruità di un regolare rapporto di dipendenza nel settore suddetto.

L’INPS, diramando quel messaggio, ha inteso contrastare i fittizi rapporti di lavoro, naturalmente perché troppo oneroso il riconoscimento di vari tipi di sostegno economico.

Con l’entrata in vigore delle norme che, finalmente, regolano le unioni civili e le convivenze, la stessa INPS è corsa ai ripari distinguendo però i “figli e figliastri”

Per gli Uniti in rito Civile sono previste tutte le tutele previdenziali nei casi di impresa familiare (ovviamente) e nei casi in cui sia presente il “coniuge” in qualità di coadiuvante.

Diversa invece la situazione nelle convivenze di fatto.

Prevale il criterio secondo il quale, nei rapporti di convivenza stabili, anche se legati da reciproco vincolo affettivo e di reciproca assistenza materiale, non si registra, per loro, la posizione sociale di parentela o affinità con il titolare dell’impresa.

Malgrado ciò, comunque, in questi casi, qualora i soggetti non siano legati da regolare rapporto di lavoro, il Codice Civile concede al “convivente-lavoratore” il diritto di partecipazione agli utili.

Rag. Giancarlo Salerno

Via Giovanni XXIII n. 13/B

Cell. 347/6848604

 

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