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Non abbiamo più tempo! E’ diventato urgente e irrinunciabile mettere in campo uno sforzo di coinvolgimento delle migliori energie disponibili sul territorio per superare l’interminabile spirale di disagio che sta progressivamente impoverendo la collettività brindisina.

Questo è l’unico modo per affermare nei fatti un impegno civico improntato alla concretezza, all’efficacia e alla qualità del dovere di servizio che ognuno di noi ha nei confronti di tutta la comunità.

Per evitare maliziosi fraintendimenti, dico subito che è necessario riaffermare preliminarmente la netta distinzione dei ruoli tra politica e società civile, consapevoli della crisi di credibilità e di consenso che vivono le organizzazioni-partito e conseguentemente le Istituzioni, ma altrettanto convinti della necessità di porre un argine alla perniciosa deriva antipolitica che continua a permeare la vita sociale del territorio.

Immagino che un esercizio utile sia quello sforzarsi per individuare uno spazio, una sorta di “zona franca”, una striscia di frontiera tra la società civile e la società politica, che sviluppi un confronto propositivo tra le diverse opinioni dei singoli cittadini e dei principali attori sociali, un’ipotesi di convivenza laica e tollerante delle diversità che devono rappresentare ricchezza intellettuale, piuttosto che presupposto di rigida intransigenza o di piccoli calcoli opportunistici.

La Città è sempre più marcatamente caratterizzata da una strisciante e progressiva crisi di civiltà. Essa sta scivolando inesorabilmente verso l’improvvisazione, la confusione, il populismo, la demagogia, nel mentre la sua classe dirigente politica, imprenditoriale e professionale appare impoverita, impacciata, divisa.

E’ sempre più evidente il ruolo dirigistico delle “oligarchie” che la governano, riducendo visibilmente gli spazi di partecipazione alle decisioni più importanti e moltiplicando in modo esponenziale le presenze in ruoli significativi di persone con scarsa competenza professionale, ma soprattutto con perfetta incompetenza sociale, civicamente impreparati, portatori di disvalori ai quali è doveroso ribellarsi.

Il paradigma dell’attuale fase di gestione del potere cittadino tende a definire questa “massa critica di nominati” come volano del consenso degli oligarchi, come strumento di perpetuazione di una modalità di gestione del potere che è amorale non solo perché fondata su una cultura dell’occupazione del potere istituzionale nel nome della “appartenenza” piuttosto che della competenza, ma soprattutto perché sottrae surrettiziamente gli spazi di confronto sulle prospettive del futuro della comunità.

Per questo abbiamo il dovere di abbattere i muri, costruire ponti, realizzare una comunità plurale: perché la ricostruzione dell’identità civica della Città passa dalla sottoscrizione di un Patto di Cittadinanza che sia alla base dello stare insieme, per promuovere un fondamento etico comune che disciplini questioni controverse e spinose come la moralità del potere, l’etica dell’agire politico e la più larga condivisione di obiettivi concreti e praticabili su aspetti centrali della nostra vita: il lavoro, la democrazia urbana, l’economia circolare, il welfare, la cultura, la tutela ambientale del territorio, l’innovazione e la ricerca applicata, la mobilità sostenibile.

www.pinomarchionna.it

 

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